Albino Pierro nasce a Tursi, piccolo centro in provincia di Matera, il 19 novembre del 1916. La sua infanzia è segnata dalla perdita della madre, Margherita Ottomano, morta quando il poeta era ancora in fasce. La figura materna e il paese natio ('a terra d'u ricorde) sono termini fondamentali della vicenda poetica pierriana ("Ma iè le vogghie bbéne 'a Ravaténe / cc’amore ca c'è morta mamma méja"). Il padre, Salvatore Pierro, proprietario terriero, si risposa, mentre Albino è affidato alle cure delle zie Assunta e Giuditta, due figure che compaiono nei versi del poeta maturo.
Gli anni di apprendistato sono consumati dal giovane e inquieto Albino tra Taranto, Salerno, Sulmona, Udine e Novara. Nel 1939 approda a Roma, ove si stabilisce definitivamente. Nel 1944 consegue la laurea in filosofia ed inizia ad insegnare storia e filosofia nei licei. Negli anni Quaranta, già allietati per il poeta dalla nascita della figlia Maria Rita, inizia la sua collaborazione con le riviste "Rassegna Nazionale" e "Il Balilla".
Dal 1946 al 1967 Pierro pubblica raccolte poetiche in lingua, "testimonianze già valide ed eloquenti della sua vocazione lirica" (A. Pierro, Pierro Albino, in Autodizionario degli scrittori italiani, Milano, Leonardo, 1989, p. 272). Ma è con i versi in dialetto che il poeta si guadagna un posto d'onore nel panorama della poesia italiana del Novecento.
Il dialetto lucano di Tursi, pur avendo attirato l'attenzione di filologi e linguisti come Rohlfs e Lausberg, era letterariamente vergine quando Pierro decise di adottarlo ("Forse il bisogno di testimoniare meglio le mie origini più autentiche sarà stato ridestato dall'assenza, dalla distanza. Si trattò di recuperare un linguaggio che era appartenuto al mio passato e al passato della mia gente" (in A. Pierro, Nun c’è pizze di munne, Milano, Mondadori, 1992, p. 105). È del 1960 la prima raccolta poetica in tursitano, 'A terra d'u ricorde: "Questo idioma, arcaico negli aspetti fonici come nel lessico, si presta mirabilmente ad esprimere gli stati d'animo del poeta, volutamente ricondotti a una dimensione elementare e primitiva" (A. Pierro, Pierro Albino, cit., p. 272). La "parlèta frisca di paìse" diventa nei versi di Pierro "ultima lingua della poesia romanza" (Gianfranco Folena). A giusta causa i più autorevoli critici delle patrie lettere si occupano della poesia di Pierro, mentre i versi tursitani sono tradotti nelle più svariate lingue del mondo (francese, inglese, tedesco, svedese, persiano, arabo, neogreco, portoghese, spagnolo).
Negli anni Ottanta arrivano i primi riconoscimenti ufficiali e l'Università schiude le sue porte al poeta lucano. Nel 1985 viene invitato dall'Università di Stoccolma ad una lettura di poesie. Nel 1992 l'Università della Basilicata gli conferisce la laurea honoris causa. Nel 1993 la Scuola Normale Superiore di Pisa organizza un incontro con il poeta. Più volte Pierro si avvicina alla vittoria del Nobel, un riconoscimento atteso, ma mancato.
Albino Pierro muore a Roma il 23 marzo 1995
(Biografia a cura di Mariagrazia Palumbo, tratta dal sito www.albinopierro.it/albino-pierro/)
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