È la traduzione, quasi letterale e sulla stessa musica, di L’Assassinat: primo omaggio di Fabrizio all’amato maestro Brassens, del quale tradurrà altre fortunate canzoni. **
Narra la storia di un povero vecchio il cui cuore torna:
Essi vengono impiccati, ma il pentimento sincero – a detta del narratore – dischiude loro le porte del "paradiso" (perché "non c'è l'inferno nel mondo del buon Dio"**), lasciando insoddisfatti i benpensanti di turno. La storia si chiude con la ripetizione della strofa iniziale (allo stesso modo di Carlo Martello e La guerra di Piero), per sottolineare come la triste vicenda non sia che un episodio fra i tanti che caratterizzano drammaticamente la vita delle odierne metropoli, ed ormai anche dei piccoli centri:
Sul piano retorico si segnalano vari iperbati (ad es. vv. 1-2, 13-14, 21-22, 39-40) e la metafora iniziale (i "fiori del male" sono ovviamente i delitti perpetrati "non tutti nella capitale"). ASPETTI METRICI Undici strofe di quattro versi, l'ultima delle quali identica a quella iniziale. I versi sono di varia misura: settenari (ad es. 8, 10, 12, 16, 20, 26, 28, 34, 36, 40), ottonari (vv. 2, 6, 18, 22, 24, 30, 38), novenari (ad es. vv. 1, 4, 5, 9, 13, 15, 21, 23, 25, 27, 33, 35, 37) e alcuni quinari doppi (ad es. vv. 3, 7, 11, 29, 39). Lo schema metrico a rima baciata (AABB) subisce lievi variazioni in due strofe: sia nella IV che nella VI vi è infatti assonanza atona fra i primi due versi ("tese" / "rispose", e "teneva" / "accoltellava"). NOTE
[Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, 2004] È la storia di un vecchio che paga cari i suoi tardivi desideri sessuali consumati con una prostituta. In bolletta, impossibilitato a pagare, viene ucciso dalla donna e dal protettore, che verranno a loro volta condannati a morte per il delitto. Torna così il tema della povertà e dei ceti sociali più disagiati i quali non conoscono altro mezzo per difendersi e farsi valere che la violenza, venendo a loro volta violentati da uno stato che si preoccupa soltanto di affermare con ogni mezzo il suo potere. Delitto di paese è la prima di una serie di canzoni francesi di Georges Brassens che De André tradurrà magistralmente. [Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 28] Brassens, un punto di riferimento imprescindibile per il De André di quegli anni, è l'autore originale di Delitto di paese, una ballata noire i cui ingredienti (miseria, prostituzione, delitto, morale beghina) sono immersi in un'atmosfera francesizzante e maudite. Comincia infatti con il ricordo della raccolta di poesie, Les fleurs du mal, che costò a Baudelaire, nel 1857, un processo per oltraggio alla morale pubblica e al buoncostume (è accaduto, del resto, anche a De André per Carlo Martello nel 1964), e fa toccare con mano l'aria della piccola città di provincia, della periferia urbana. [Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, p. 81] C'è un'altra giustizia che può ribaltare le sentenze dei tribunali di quaggiù, come nel caso di Delitto di paese (da Brassens) dove gli amanti che ammazzano il vecchio, reo di non aver pagato l'amore di lei, "presi dallo sconforto / e dal rimpianto del morto / s'inginocchiarono sul pover'uomo / chiedendogli perdono", e "quando furono impiccati / volarono fra i beati / qualche beghino di questo fatto / fu poco soddisfatto". C'è qui, in un certo senso, l'escatologia della confessione, il manifesto della misericordia di Dio verso chiunque, anche verso un fresco assassino che però trova la forza di piangere e implorare perdono. È lo specchio della logica evangelica che guarda dentro il cuore dell'uomo e non si ferma alle sue azioni, mentre invece la giustizia umana è capace di togliere la vita, persino a chi ha soltanto rubato" (come in Geordie). [Paolo Ghezzi, Il vangelo secondo De André, Ancora, Milan, 2003, p. 82] Ecco il primo Brassens di Delitto di paese, minuscola storia sardonica di una coppia di omicidi, una puttana e il suo protettore, vittima un cliente insolvente, finiti in paradiso in virtù di un estremo pentimento. [Cesare G. Romanai, Amico fragile. Fabrizio DeAndré, Sperling & Kupfer, 19993, p. 46.] |