• Ispirata alla tragica vicenda dell'amico Luigi Tenco, morto "suicida" appena ventinovenne a Sanremo la notte del 26 gennaio 1967, Preghiera in gennaio si presenta come una canzone controcorrente, in quanto secondo la morale comune al suicida erano destinate le pene dell'inferno e la pubblica riprovazione.
    Con questa accorata "preghiera", il cantautore si rivolge invece direttamente a Dio affinché accolga l'anima dell'infelice giovane, insieme a quella di tutti gli altri che hanno preso la stessa disperata decisione di togliersi la vita. Con ciò De André non intende certo esaltare il suicidio, ma mostra comprensione anche per un gesto così estremo, che del resto i filosofi stoici consideravano come un atto coraggioso e virile di fronte alle avversità dell'esistenza.
    Dal testo emerge la rappresentazione di un Dio buono e misericordioso, che accoglie e consola soprattutto coloro che hanno sofferto. L'inferno, infatti, è secondo De André una creazione degli uomini ipocriti e moralisti. Con ciò, ancora una volta, De André si pone dalla parte di coloro che gli altri condannano e giudicano perdenti e peccatori, perché, essendo gran conoscitore del cuore degli uomini, egli sa che devono esistere motivi gravi e profondi perché un essere umano giunga a compiere un gesto così disperato. A coloro che hanno scelto questa soluzione vanno dunque la sua comprensione e la sua partecipata commozione.

    A livello retorico rieviamo almeno una metafora: "ultimo vecchio ponte" (= confine ultimo della vita) al v. 10, e una metonimia: "facce bianche" (= morti suicidi).

    METRO. Sei strofe di otto versi, con netta prevalenza di settenari (in prevalenza piani) e la presenza di due senari (vv. 28, 33).
    Vario ed irregolare il gioco delle rime.

    [Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, nuova edizione 2022]



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    L'ho dedicata a Tenco. Scritta, o meglio pensata nel ritorno da Sanremo dove c'eravamo precipitati io, la mia ex moglie Enrica Rignon e la Anna Paoli. Dopo aver visto Luigi disteso in quell'obitorio (fuori Sanremo peraltro, perché non ce l'avevano voluto) tornando poi a Genova in attesa del funerale che si sarebbe svolto due giorni dopo a Cassine, mi pare, m'era venuta questa composizione. Sai, ad un certo punto non sai cosa fare per una persona che è morta, ti sembra quindi quasi di gratificarla andando al suo funerale, scrivendo - se sei capace di scrivere e se ne hai l'idea - qualcosa che lo gratifichi, che lo ricordi... forse è una forma... ma d'altra parte è umano, credo... non l'ho di certo scritta apposta perché la gente pensasse che io avevo scritto apposta una canzone per Luigi, tant'è vero che non c'era scritto assolutamente da nessuna parte che l'avevo composta per lui.
    [Fabrizio De André, in Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, p. 57]


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    I discografici su di me fecero pressioni affinché andassi a Sanremo, ma certo con meno forza di quanta ne potesse adoperare una casa discografica come la Rca. Luigi, come me, era contrarissimo ai festival e poi ci si è trovato stritolato dentro. Lui era un uomo di sinistra, della sinistra di allora. Credo, comunque, che il suo gesto sia maturato anche in conseguenza delle sue letture. Luigi sul comodino teneva i libri di Pavese; ne ho conosciuti altri che si sono suicidati dopo aver letto troppe volte Pavese. Io lo frequentavo abbastanza saltuariamente, eravamo tutti cani sciolti, ma sicuramente era quello che mi era più vicino come formazione politica e poi, da artista, come tematiche trattate. Appena saputa la notizia della sua morte, mi precipitai all'obitorio. Quando lo vidi lì disteso, con questo turbante di garza insanguinato, mi colpirono il pallore della morte e il colore viola scuro delle sue labbra carnose. Le ho ancora impresse nella mente, e le menzionai nella canzone che scrissi sull'onda di quell'emozione partendo da una poesia di un autore del novecento francese, Francis Jammes.
    [Fabrizio De André, in Cantico per i diversi, intervista a cura di Roberto Cappelli, Mucchio Selvaggio, settembre 1992]


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    Preghiera in gennaio è rivolta ai benpensanti che dividono l’umanità in buoni e cattivi e a un Dio che non si vorrebbe vedere più come biblico giustiziere.
    [G. Baldazzi - L. Clarotti - A. Rocco, I nostri cantautori, Thema editore, 1990, p. 107]


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    In Preghiera in gennaio, vero inno sacro, scandito su un ritmo metrico di sapore quasi manzoniano, (appare) un volto umano di un Dio misericordioso, che ha bisogno degli uomini, specialmente dei sofferenti e di chi ha una coscienza pura, e accoglie gli sconfitti e i diseredati e perfino i suicidi.
    F. De Giorgi, Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, 1997, p. 75]


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    De André e la Preghiera in gennaio. Qui non è in questione la forma della composizione, ma la sua opportunità. Confesso di non aver mai amato questo omaggio di Fabrizio, probabilmente per una forma di prudenza e di conseguente riservatezza. Già non so se sarei stato capace di affrontare il giudizio malizioso di chi vi avesse scorto gli indizi di una speculazione. Probabilmente, essendo con certezza in perfetta buonafede, De André non sarà stato neppure sfiorato da un simile dubbio. Ma resta l'altra faccia della medaglia: per esaltare il defunto bisogna farne un eroe, quiindi una vittima innocente dell'Odio e dell'Ignoranza, dirette emanazioni del Male Assoluto. Ecco un'altra troppo comoda semplificazione delle motivazioni di uno dei gesti più problematici e spesso indecifrabili, pure in presenza di messaggi esplicativi.
    [Bruno Lauri, in Tanto domani mi sveglio, Gammarò Editori, Sestri Levante 2006, p. 70]


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    Con Preghiera in gennaio (un brano ispirato alla tragica vicenda di Luigi Tenco) fanno la loro comparsa gli eroi della morte, i suicidi, che hanno visto nel gesto di annientamento la loro costa d’approdo e nel Nulla la madre dalle grandi braccia tra cui posarsi. (D. Fasoli: Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Editori Associati, 19993, p. 104) Preghiera in gennaio sovverte il regno dei cieli e il suo signore cui il cantautore profanamente consiglia altri e più veri e più umani comportamenti di accoglienza nel suo reame.
    [L. Pestalozza, in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, 1997, p. 177]


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    Fabrizio passò la notte a scrivere Preghiera in gennaio, immaginando Luigi (Tenco) in viaggio verso un paradiso “che, se ci fosse, spetterebbe soprattutto alla gente come lui”. Ma sul disco non scrisse di certo che quella canzone l’aveva scritta per la morte di Luigi: temeva che qualcuno potesse considerarla una speculazione”.
    C.G. Romana Amico fragile. Fabrizio De André, Sperling & Kupfer, 19993, pp. 55]