• Le passanti è stata tradotta da un brano di Georges Brassens su testo di Antoine Pol. Nella rapidità di un incontro, di un'immagine fugace, si riconosce una funzione consolatori per i momenti di sconforto e di solitudine. La vista di una donna (che neanche si è riusciti a sfiorare) è un'occasione per la piccola illusione di essere un perfetto amante, mancato.
    [Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 96]


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    Sempre dal repertorio di Brassens proviene Le passanti, a sua volta tratta da una poesia di Antoine Paul, che è nostalgia degli amori impossibili, irrealizzati per forza d'inerzia, per non aver saputo abbandonare il principio di realtà, la propria stanza, il treno, la strada maestra dalla vita.
    [Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, Roma, 1999, p. 191]


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    Un altro grande poeta francese (cfr. Valzer per un amore) ha ispirato De André, tramite Georges Brassens; e si tratta questa volta di un clco meno evidente, piuttosto di una consonanza di intenzioni e di sentimenti. Ha incluso Charles Baudelaire nella sua raccolta Les fleurs du mal una poesia dedicata À une passante. Nell'assordante caos urbano, il poeta è affascinato da una donna stupenda, vestita a lutto, nobile nel portamento, elegantissima. Di lei nota la mano, gli occhi, lo sguardo dolcissimo e tempestoso, carico di sofferenza. Non la ferma, e sempre rimpiangerà un amore consapevole, corrisposto e mai colto:
    Car j'ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais,
    O toi que j'eusse aimée, ò toi qui le savais!*
    Brassens e De André moltiplicano la passante di Baudelaire in tutte le possibili passanti, in tutte le donne scorte un istante e perdute per sempre. Anche loro ne ricordano le mani, gli occhi che lasciano "vedere il fondo della malinconia / di un avvenire disperato". Poi, però, le passanti di Brassens-De André sono ricondotte a una dimensione più umana di quella di Baudelaire. Mentre per il poeta l'attimo fuggente è cancellato e la perdita è inesorabile, per i due cantori le passanti possono tornare ed essere consolazione nella solitudine:
    Allora nei momenti di solitudine
    quando il rimpianto diventa abitudine,
    una maniera di viversi insieme,
    si piangono le labbra assenti
    di tutte le belle passanti
    che non siamo riusciti a trattenere.
    * Traduzione letterale: "Poiché io ignoro dove tu fuggi, tu non sai dove io vado, / o tu che avrei amato, o tu che lo sapevi".

    [Liana Nissim, in Fabrizio De André. Accordi eretici, pp. 132-133]