Il ritmo di questo semplice e delizioso walzer di Gino Marinuzzi Jr. ha accompagnato la nascita di De André, come raccontò lo stesso cantautore all'amico Cesare G. Romana:
"Allora si usava partorire in casa e mio padre, con l’idea un po' strampalata di alleviare la sofferenza di mia madre, mise su quel disco mentre io stavo venendo al mondo". * Per quanto riguarda il testo, anche in questa canzone risuona la voce dell'amato Villon, che nel suo Testament, e precisamente nella Ballade a s'amye, canta:
Non posso però chiudere il discorso senza svolgere alcune rapide considerazioni sulla straordinaria immagine del "tempo che non ha età". Può anche darsi che si tratti di una pura e semplice espressione poetica, spontanea e immediata, ma essa implica e presuppone comunque (al di là delle reali intenzioni dell'autore) il problema del tempo quale si è configurato nella riflessione filosofica di sempre… Il lettore ricorderà che mi è già capitato di citare marginalmente, discutendo delle difficoltà relative all'individuazione di un concetto univoco di "poesia", la celebre conclusione di Agostino sull'ineffabilità del tempo. Ma prima di lui si erano preoccupati di risolvere l'enigma del tempo Platone e Aristotele, e, dopo di lui, altri grandi filosofi come Kant, Bergson, Husserl, Heidegger (per limitarci soltanto ad alcuni grandi nomi). Non vorrei certo sminuire le altissime meditazioni di pensatori di fronte ai quali le mia capacità intellettive sono risibili, ma non credo di dire un'assurdità se affermo che tali meditazioni, per quanto affascinanti e profonde, non hanno in sostanza risolto e dissolto il mistero. Sarebbe perciò assurdo o eccessivo attendersi una soluzione all'interno di una canzone: eppure De André ci dice qualcosa di molto importante sul tempo, e cioè che "noi" siamo collocati (Heidegger direbbe "gettati") nella dimensione indicibile della temporalità, ma il tempo stesso non è soggetto alle leggi della consunzione cui "noi", come tutte le cose, siamo destinati. Il tempo, che tutto consuma, non si annulla con ciò che in esso e per esso è destinato a svanire. Ciò avviene, forse, perché propriamente il tempo in sé non esiste neppure. Come ha detto Carlo Sini, "è perché c'è l'uomo che c'è il tempo, se no non ha senso parlare di tempo"*****. Il fatto che, mentre sto scrivendo queste righe, siano quasi le 17,30 del 3 agosto 2004, non ha però niente a che vedere col tempo: questo dato misura il tempo, ma non è il tempo. Dunque, noi "ce ne andiamo"; il tempo, qualunque cosa esso sia, rimane per tutti coloro che verranno. Sul piano retorico si riscontra la presenza di semplici metafore. Per cominciare dall'ultima, la "primavera" (che può sussistere anche col suo semplice valore referenziale) allude ovviamente alla giovinezza. Quella del primo verso ("Quando carica d'anni e di castità") indica altrettanto chiaramente la vecchiaia e la rinuncia alla gioia sessuale, ma dall'aggettivo impiegato promana la gravità, il peso insostenibile, tanto dell'età ormai avanzata quanto della protratta e deliberata illibatezza. Il v. 17 ("Vola il tempo, lo sai che vola e va") segnala l'inesorabile fluire del tempo, rafforzandone però la percezione soggettiva ed alludendo in tal modo ad un tempo interiore, contrapposto a (e più fugace di) quello puramente cronologico [Viene in mente Bergson, ma si tratta ovviamente di un comune sentire, pre-filosofico]. Il v. 20 ("siamo noi che ce ne andiamo") è un'espressione eufemistica per indicare la morte. ASPETTI METRICI Tre strofe di otto versi, per lo più irregolari. Gli unici versi canonici immediatamente riconoscibili anche a livello ritmico sono due endecasillabi (vv. 17, 21), alcuni ottonari (vv. 2, 4, 18, 20, 22) e i due decasillabi che chiudono, rispettivamente, la prima e la terza strofa. Più ricco il gioco delle rime. Nelle strofe I e III lo schema è a rima alternata (ABABCDCD). Nella II, invece, rimano tra loro i versi pari mentre i dispari restano irrelati. NOTE
[Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, 2004] Nel Valzer per un amore l'immagine della passione che svanisce col tempo e la giovinezza è un monito lanciato dall'uomo alla donna perché non aspetti: come già aveva fatto il poeta francese del Quattrocento François Villon nel Testamento, nella Ballata all'amica: "Tempo verrà che appassire, ingiallire, / seccar farà il vostro fiore dischiuso. / Vecchio sarò; voi, brutta, scolorita; / or bevete, finché il rivo può scorrere". [Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, Roma, 1999, p. 81] Non bastano a De André le parole che egli stesso sa inventare per cantare l'amore incerto, per cantare la donna amante: egli unisce talvolta le sue parole a quelle dei poeti e canta con loro l'amore che fugge, il tempo che fugge. Ed eccolo impegnato a riscrivere Pierre de Ronsard: chi infatti non riconosce nel Valzer per un amore il celebre sonetto Quand vous serez bien vieille? Canta De André:
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