E fu la notte viene liquidata da Matteo Borsani e Luca Maciacchini, autori di un agile e interessante commento all’opera di De André*, con due rapidi aggettivi: "semplice e scontata".
In effetti, considerati il tema e la sua importanza (ovvero la fine di un amore: ch'è fenomeno frequentissimo, ma sempre altamente drammatico), il testo risulta banale, per non dire insignificante, soprattutto se raffrontato con alcuni capolavori assoluti che De André firmerà qualche anno più tardi. **
Si tratta di un testo ellittico. L'attacco sospeso:
E fu la notte, la notte per noi
notte profonda sul nostro amore
Esclude i fatti e quindi preclude la conoscenza dei motivi che hanno determinato la fine, peraltro unilaterale, del rapporto amoroso:
Ma se ti dico non t'amo più
sono sicuro di non dire il vero.
Questo aspetto – vale a dire l'assenza di dati fattuali - non è necessariamente un difetto. Tuttavia, le scontatissime metafore (la "notte", il "buio", il "silenzio") assunte a simbolo dell'irrimediabile rottura, appaiono modeste, per non dire elementari, anche se fortemente – col loro valore di limite – rimarcano il carattere definitivo e irrimediabile dell'evento.

A livello retorico, oltre alle metafore citate, si segnala l'anafora tra i vv. 1 e 7 ("E fu la notte, la notte per noi"), che ricorre anche al v. 3 con una lieve variazione lessicale ("E fu la fine di tutto per noi") a confermare il valore metaforico della "notte" stessa.

ASPETTI METRICI
Strofa unica di otto versi, precisamente endecasillabi e quinari doppi variamente disposti.
Tutti i versi tronchi sono in rima, mentre gli unici piani (vv. 2 e 6) presentano una consonanza: "amore" / "vero", rafforzata fonicamente dall’identità delle vocali (ovviamente in posizione invertita) in sede di rima.

NOTE
* [M. Borsani / L. Maciacchini, Anima Salva, Tre lune, Mantova, 1999, p. 18]
** Penso soprattutto a La canzone dell'amore perduto, ma anche ad Amore che vieni, amore che vai, entrambe del 1966. Ma si tenga presente che, tra questi ultimi brani e quelli che stiamo analizzando, sono trascorsi otto anni, durante i quali Fabrizio ha composto fra l'altro La ballata del Michè, Il testamento, La guerra di Piero, La canzone di Marinella, La città vecchia: canzoni che, a parte la superiore cifra stilistica, si caratterizzano anche per una capacità narrativa totalmente estranea a questo brano (come anche a Nuvole barocche).

[Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, 2004]