"Il tema dell'amore che sfuma a poco a poco, per le leggi della natura e del tempo, è cantato su un brano del compositore tedesco Georg Philipp Telemann, tratto dal Concerto per tromba e orchestra in Re maggiore. E la fusione tra la musica e il testo è tanto riuscita da apparire naturale, quasi un archetipo musicale, una melodia che forse risuona davvero, in qualche luogo di noi, quando il nostro amore svanisce e ritorna"*.

La canzone dell'amore perduto è dunque una canzone d'amore e di memoria, di rimpianto e di nuova attesa, in cui De André riprende alcuni dei motivi tipici (stereotipi quasi) della dimensione dell'innamoramento: la primavera, le viole, le rose, la passione, e poi i "fiori appassiti", cioè l'affievolirsi della passione stessa.
L'inizio dell'amore è descritto con freschezza quasi adolescenziale, in virtù della spontanea, immancabile e ricorrente promessa, con cui si cerca di dare al rapporto "una illusoria dimensione di perennità"**:
Ricordi, sbocciavan le viole
con le nostre parole:
non ci lasceremo mai,
mai e poi mai.
Ma la quotidianità, forse la ripetitività, la consuetudine, fanno spegnere il grande fuoco della passione:
Vorrei dirti ora le stesse cose
ma come fan presto, amore,
ad appassire le rose
così per noi...
Per lasciare soltanto le ceneri appena tiepide della tenerezza e delle carezze date svogliatamente, per abitudine o per dovere:
L'amore che strappa i capelli
è perduto ormai,
non resta che qualche svogliata carezza
e un po' di tenerezza.
Il senso della ineluttabile precarietà del sentimento amoroso è individuabile nella metafora dei "fiori appassiti" (cioè della passione sfiorita) e nel rimpianto:
E quando ti troverai in mano
quei fiori appassiti al sole
d'un aprile ormai lontano,
li rimpiangerai.
Ma, come i fiori sbocceranno nella primavera successiva, così l’amore potrà rinascere improvvisamente e sarà di nuovo il tempo della passione.

Come ha osservato Liana Nissim, "quelle della prima strofa sono parole che potrebbero essere pronunciate da un uomo quanto da una donna. Ma dal seguito della canzone si capisce che è la voce di una donna quella che parla, di una donna dolorosamente afflitta per il suo amore perduto, di una donna che sa come non basti il rimpianto a riportarle l'uomo amato, poiché egli si rivolgerà ad un'altra, a un amore nuovo. Ma in quel rimpianto ineludibile è da ravvisare un sentimento che non può essere mai totalmente cancellato". ***

Il testo è di facile lettura. Di immediata comprensione il v. 9: "l'amore che strappa i capelli", che indica chiaramente la passione amorosa e che ha una triplice valenza a livello retorico: possiamo infatti considerarla, contemporaneamente, come metafora, personificazione e iperbole. Ma anche nessun dubbio sul senso dell'altra espressione metaforica: "coprirai d'oro" (v. 19), che in questo contesto non può far pensare in alcun modo all'offerta di beni materiali ma bensì all'amore, alle attenzioni che l'uomo riverserà sul suo "amore nuovo".

ASPETTI METRICI
Due strofe di diversa lunghezza, con ripresa degli ultimi cinque versi (con sostituzione della congiunzione coordinativa all'avversativa "ma") a formare una strofetta finale.
Anche i versi hanno differenti misure: dal novenario (ad es. vv. 1 e 9) al settenario (ad es. vv. 2 e 7), dall'ottonario (ad es. v. 15) al quinario (ad es. v. 8).
Le rime sono concentrate quasi tutte nella prima strofa, e sono baciate (vv. 1-2, 3-4, 11-12) più una alternata (vv. 5-7). Nella seconda strofa l'unica rima è fra primo e quarto verso. Ma in sede di rima troviamo tre assonanze toniche: "cose" / "amore" (vv. 5-6), "mano" / "dato" (vv. 13, 20), "oro" / "nuovo" (vv. 19, 21), e un'assonanza atona: "viole" / "aprile" (vv. 1, 15).
Il ritmo è lento e malinconico, ma si alza di tono dopo l'avversativa "ma", a significare l'attesa e la speranza di un nuovo inizio.

NOTE
* [D. Fasoli, op. cit., pp. 80-81]
** [L. Nissim, Il rispettoso bardo delle donne, in AA.VV. Fabrizio De André. Accordi eretici, a c. di R. Giuffrida e B. Bigoni, Euresis Edizioni, Milano 1997, p. 130]
*** [L. Nissim, Il rispettoso bardo delle donne, in Fabrizio De André. Accordi eretici, cit., pp. 130-131]

[Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, 2004]