Totò, al secolo Antonio De Curtis, nacque il 15 febbraio 1898, in un palazzo del rione Stella (oggi Sanità).
La madre Anna Clemente, da tutti chiamata Nannina, era orfana di padre ed aveva 17 anni quando rimase incinta. La gravidanza era frutto di una relazione illegittima con un nobile decaduto: Giuseppe de Curtis, che, pur amando la donna, obbedì al padre, il marchese Luigi, che gli aveva tassativamente proibito di contrarre matrimonio con una popolana. Così, il lapidario atto ufficiale di nascita recita: "Figlio di Anna Clemente di anni diciotto, casalinga domiciliata a Napoli, e di uomo celibe non parente né affine".
Nel 1904 Totò inizio a frequentare le elementari, che finì a stento perché amava frequentare i vicoli della sua città, dove poteva incontrare ogni genere di umanità e studiarne le peculiarità. Fu poi iscritto dal padre alle ginnasiali del Collegio Cimino, ma lì ebbe termine l'esperienza scolastica del giovane Totò, che all'aria delle aule continuava a preferire quella dei vicoli.
Il 24 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra ed Antonio, arruolatosi, venne assegnato dapprima al XX reggimento di stanza a Pavia, poi al 182° battaglione di fanteria pronto a partire per la Francia con un reparto di soldati marocchini, ed infine all'88° reggimento di stanza a Livorno, dove la sua avventura militare si concluse mentre la guerra volgeva al termine.
All'inizio degli anni venti il marchese Giuseppe de Curtis riconobbe il figlio e decise di regolarizzare l'unione sposandone la madre. Tutta la famiglia si trasferì a Roma, dove Antonio trovò impiego presso il modestissimo Teatro Salone Elena, nella compagnia di Umberto Capece. Venne assunto con l'accordo che non avrebbe ricevuto alcun compenso, giacché gli si dava l'occasione d'imparare il mestiere e doveva pertanto ritenersi fortunato. Ma un giorno in cui pioveva a dirotto Totò, non sentendosela di tornare ancora a casa a piedi, osò chiedere i soldi per il biglietto del tram a Don Capece il quale, per tutta risposta, lo licenziò.
Decise allora di presentarsi ad uno degli impresari più noti e influenti del tempo: Don Peppe Jovinelli, nel cui teatro avevano trovato successo artisti come Ettore Petrolini, Raffaele Viviani, Armando Gill ed altri. Previo un breve provino, venne assunto.
Era il 1928, e la sua vita ebbe una svolta quando fu assunto al teatro Sala Umberto, dove ogni attore sognava di recitare, perché lì fu notato da Eugenio Aulicino, un impresario che ricopriva un ruolo d'importanza primaria nella vita del teatro napoletano dell'epoca. Gestiva infatti il teatro Nuovo e proprio in quel periodo aveva deciso di alternare le commedie comiche tratte dal repertorio di Eduardo Scarpetta a spettacoli musicali, pensando di svecchiare la compagnia consolidata, che offriva sì ottimi spettacoli ma sempre uguali. Decise così d'inserire Totò, il quale non si lasciò sfuggire l'occasione e firmò un contratto di trecento lire: per l'epoca un compenso astronomico. Con l'arrivo di Totò il Nuovo ebbe un successo senza precedenti: palchi e loggioni erano prenotati con settimane di anticipo, e l'impresario era al settimo cielo.
La sera del 13 dicembre 1929, proprio con l'intento di vedere Totò, giunse al Nuovo l'incantevole attrice e ballerina Liliana Castagnola (pseudonimo di Eugenia Castagnola). Totò se ne innamorò al primo sguardo e ne nacque una storia intensa e appassionata. Ma ben presto Totò si rese conto che, nel momento della sua affermazione artistica, un rapporto così stretto avrebbe limitato la sua libertà d'azione. Così le comunicò che sarebbe partito per una tournée da solo. Liliana lo supplicò di portarla con sé, permettendole di lavorare al suo fianco. Totò non volle saperne, e la notte fra il 3 ed il 4 marzo 1930, nella propria stanza, Liliana si tolse la vita ingerendo un flacone di sonniferi.
L'anno successivo, durante una tournée, Totò conobbe a Firenze una giovane sedicenne, Diana Bandini Rogliani Lucchesini, nata in Libia da una relazione extraconiugale. L'unione fu osteggiata dalla madre della ragazza, ma i due si rividero a Napoli e decisero di andare a vivere insieme. Nel 1933 nacque la figlia Liliana (nome scelto da Totò in ricordo della Castagnola), e decisero di contrarre matrimonio il 6 marzo 1935. Ben presto i rapporti peggiorarono, probabilmente a causa delle attenzioni che Totò riservava alle artiste della compagnia con cui si esibiva, ma la coppia decise di restare unita per la figlia, fino a quando questa fosse diventata adulta. Nel 1950, però, Diana annunciò a Totò la decisione di andarsene per contrarre nuove nozze; e nel 1951 lui le dedicò la canzone Malafemmenaa, per non aver lei mantenuto l'impegno a non andarsene da casa fino a quando Liliana non avesse compiuto i 18 anni. Nonostante ciò, Diana restò in buoni rapporti con Totò, che si sarebbe stabilmente unito dal 1952 all'attrice Franca Faldini, fino alla morte di quest'ultimo.
Ma torniamo un attimo indietro...
Nel 1937 Totò aveva esordito nel cinema col film "Fermo con le mani", ma fu con "San Giovanni decollato" che inziò ad avere un discreto successo. Fu poi la volta di Napoli milionartia, di Eduardo De Filippo, a cui Totò prese parte senza compenso, in segno di affettuosa amicizia. In seguito, fra il 1949 e il 1950, interpretò ben altri nove film, tra i quali alcune parodie: Totò cerca moglie, Figaro qua, Figaro là, Le sei mogli di Barbablù, 47 morto che parla, tutti diretti da Carlo Ludovico Bragaglia, L'imperatore di Capri di Luigi Comencini, Tototarzan e Totò le Mokò di Mario Mattoli, Yvonne la nuit di Giuseppe Amato, Totò cerca casa di Steno e Mario Monicelli, un'efficace parodia del neorealismo sulla crisi degli alloggi. Questi film ebbero un buon successo di pubblico, ma non di critica, che già dalle pellicole precedenti cominciò a non gradire lo stile surreale di Totò.
Il 1951 fu un anno importante per la carriera cinematografica dell'attore. Dopo il successo di Totò cerca casa, venne infatti richiamato da Steno e Mario Monicelli per interpretare il ruolo del ladro Ferdinando Esposito in Guardie e ladri, al fianco di quell'attore che fu uno dei suoi amici più affezionati e una delle sue migliori "spalle", capace di rispondere colpo su colpo alle improvvise e spiazzanti battute di Totò: Aldo Fabrizi. Il film ebbe un successo unanime: alti incassi, grande apprezzamento di pubblico ed anche il plauso inatteso da parte della critica. Nello stesso anno interpretò, sempre per la regia di Monicelli e Steno, Totò e i re di Roma, l'unico film che lo vide recitare con Alberto Sordi.
Nel 1952 Totò collaborò a Siamo uomini o caporali?.
Ma un vero e proprio apprezzamento della critica per il suo valore artistico giunse a Totò soltanto verso la fine della sua vita, quando ad ingaggiarlo fu Pier Paolo Pasolini. La prima opera realizzata insieme fu Uccellacci e uccellini (1966), che Totò accettò benché non condividesse appieno il suo personaggio. Ormai il suo intento principale era produrre opere di qualità, e di Pasolini si fidava. Con lui infatti continuò a lavorare in due piccoli gioielli; La Terra vista dalla Luna, primo episodio del film Le streghe (1966) e Che cosa sono le nuvole?, nel film Capriccio all'italiana, le cui riprese finirono appena poche settimane prima della morte di Totò e che arrivò in sala nel 1968, un anno dopo la morte del grande attore.
Totò si spense infatti a Roma, il 15 aprile 1967, ma fu sepolto nella sua Napoli, dopo un funerale cui partecipò un'immensa folla. A rendergli omaggio, fra Roma prima e Napoli dopo, vi furono fra gli altri Alberto Sordi, Elsa Martinelli, Luciano Salce, Nino Taranto, Eduardo De Filippo, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Luigi Pavese, Alberto Sordi, Mario Mattoli, Steno, Mario Monicelli...
"Voi dite che sono morto? Perbacco, se lo avessi saputo sarei venuto vestito a Lutto!"
(Due cuori tra le belve).
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