• Adriano Grande nacque a Genova il 1° luglio 1897, figlio di Romolo, un sarto piemontese immigrato in Liguria, e di Salvina Seghezze.
    Non condusse studi regolari, e pertanto la sua formazione culturale fu quella peculiare di un autodidatta.
    Fin dagli anni che precedettero la Grande Guerra, alla quale partecipò nell'ultima fase, era entrato in contatto con l'ambiente giornalistico e culturale del capoluogo ligure ed ebbe in tal modo la possibilità di stringere legami di amicizia con, fra gli altri, Camillo Sbarbaro ed Eugenio Montale; quest'ultimo, in maniera particolare, per riconoscimento dello stesso Grande, esercitò una funzione determinante nella formazione del suo gusto poetico, indirizzandolo nelle sue prime prove.
    Nel 1927 fece il suo esordio come poeta, con il volume Avventure, per il quale si meritò gli apprezzamenti dell'amico Montale. Ma furono le raccolte successive, specialmente La tomba verde (1930) e Nuvole sul greto (1933), a portarlo all'attenzione di critici come Giacomo Debenedetti e Alfredo Gargiulo.
    La produzione lirica di questi anni, contrassegnata dall'"aridità" del paesaggio ligure e dalla bellezza che ne scaturisce all'improvviso, si inscrive evidentemente nel solco di quella che, un trentennio più tardi, Giorgio Caproni avrebbe identificato come la "linea ligustica" della letteratura italiana del Novecento. A tali caratteri fa inoltre riscontro una tensione meditativa che conduce la scrittura di Grane sul terreno di una discorsività ben lontana dall'astrattezza del gusto ermetico, destinato ad affermarsi di lì a poco e da lui sempre ricusato.
    Nel 1931, fondò a Genova la rivista "Circoli", concepita già nel 1924 e alla quale è legato indissolubilmente il suo nome. Il periodico si propose come "rivista di poesia", spazio privilegiato per il definitivo affermarsi delle voci significative della lirica italiana, da Saba a Ungaretti, da Montale a Penna, da Sinisgalli a Bertolucci. "Circoli" fu anche attenta alla ricezione della poesia straniera: nel 1932, per esempio, vi venne pubblicato il poema La terra desolata di T.S. Eliot nella traduzione di Mario Praz.
    Nel 1935 pubblicò la sua unica opera drammatica, Faust non è morto, con la quale tentava di rilanciare un teatro di poesia, e, l'anno seguente, il volume di versi Alla pioggia e al sole, senza dubbio il testo poetico in cui in maggiore misura traspare la sua fede fascista. Proprio in virtù di quest'ultima, nel 1935 Grande partì volontario per la guerra d'Africa, arruolandosi nella legione "Parini"; perciò, per tutto il 1936, "Circoli" sospese le pubblicazioni.
    Le esperienze della campagna d'Africa - grazie alle quali la sua convinta adesione al fascismo cominciò lentamente a incrinarsi - vennero rievocate nel diario La legione Parini (1937), nonché, ulteriormente trasfigurate, nella raccolta Poesie in Africa.
    Rientrato in Italia, nel biennio 1937-38 Grande riprese le pubblicazioni con "Circoli", inizialmente secondo il vecchio programma di incoraggiamento e diffusione della letteratura. Ma il suo ruolo divenne progressivamente sempre più subordinato, tanto che nel 1939, al momento della definitiva cessazione, la rivista, oramai ben diversa, era apertamente razzista e impegnata, per lo più, nel dibattere questioni di ordine politico-militare.
    Inviato in Albania con l'incarico di fondarvi un istituto di cultura italiana, non ebbe modo di condurre a termine la propria missione a causa del sopraggiungere della guerra con la Grecia. Conobbe così, come ebbe a scrivere più tardi, la "fine ingloriosa del fascismo", nel quale aveva "sinceramente creduto"; infatti, non aderì in seguito alla Repubblica di Salò.
    Al ritorno in Italia, nel 1943 apparvero un nuovo volume di versi, Strada al mare - dove Grande dimostra di avere appreso la lezione delle Occasioni montaliane - e, soprattutto, quello che resta il suo più articolato scritto di poetica, L'ineffabile non si dimostra, nel quale lo scrittore ribadisce la sua distanza dall'ermetismo.
    Dal 1944, Grande si dedicò principalmente al lavoro di traduttore, soprattutto dal francese (con versioni, tra gli altri, da de Vigny, de Sade, Bernanos, Renard e Flaubert).
    Nel secondo dopoguerra, l'elemento riflessivo della sua poesia venne incrementandosi, mentre al paesaggio ligure si sostituiva quello di Roma, sua città di adozione.
    Nella prima metà degli anni Cinquanta, Grande in età oramai avanzata, scoprì una nuova passione, quella per la pittura. I suoi dipinti appaiono caratterizzati da un "vivo lirismo pittorico" di ispirazione naïf, manifestamente debitore della pratica artistica di un autore come Rousseau il Doganiere.
    Nel 1970, a Roma, diede alle stampe la sua prima e unica antologia (Poesie (1929-1969), che copre l'intero arco della sua produzione.
    Grande morì a Roma il 7 novembre 1972.

    [FONTE: elaborazione e riduzione della voce GRANDE, Adriano, dell'Enciclopedia Treccani.