Figlio, la Primavera è ritornata
a inghirlandare il cielo e i prati; e infiora
i sepolcreti e fa meno severa
la breve tomba in cui non so pensarti.
5 Anche la madre tua, che al tratto e al pianto
sembra bambina ancora, rifiorisce.
Un altro bimbo cresce entro di sé;
ma piange e dice: - Sarà bello, certo,
questo bambino che mi nascerà;
10 ma quello che m'è morto
non tornerà... - Ed io chino la testa
tacendo, e mi par colpa il consolarla.
E come in quel mattino il cui mistero
si diffuse di poi su tutto il mondo
15 impaurito e stravolto mi ritrovo
e mi pare di averti ucciso io.
Oh, mi dia tregua il soffocato male
di rivederti sempre come fosti
da morto, circondato
20 di troppi fiori, un fiore
cereo tu stesso!... Le piccole mani
chiuse come bocciuoli ancora stretto
serravano l'impulso della vita
e risbocciaron solo poco prima
25 che la pietà degli altri ci togliesse
dagli occhi tuoi che non sapemmo chiudere.
Quando di me quel giorno
morì? Quanto si spense
nella lotta col morbo che ti vinse?
30 Col tuo fratello atteso
quanto ritornerà di te, di me?
Quest'alterna vicenda del morire,
del nascere, m'appare troppo spesso
come un racconto privo d'ogni senso:
35 e mi domando dove s'è formato
l'atroce vuoto che nel mondo intendo.
Nacque con me il dolore: e m'è venuta
la poca gioia che la vita avara
talvolta mi donò, dall'accettare
40 la sofferenza come un mio destino
uguale a quello di tutte le cose.
Com'era triste l'ombra che gettava
la gente lieta sopra il mio pensare!
Così passai la chiusa giovinezza
45 a uccidere l'invidia entro di me:
e già credevo scorgere vicino
il giorno in cui l'arte cattiva e astuta
di non sperare più mi fosse lieve.
Non osa il cuore schiudersi ai ricordi
50 e ciò che fosti non lo so ridire.
Tepido sogno mio, trepida vita
che illuminavi come un biondo sole
ogni asprezza passata, ogni fatica
dell'avvenire: verità, certezza
55 finalmente toccata!
E mi sei morto. Io mi domando ancora -
eppure so che domandare è vano -
perché sei morto. E non mi sembra vero.
Ti crescevamo, bello
60 come una rosa, e ci pareva un gioco
che ci facesse ritornar bambini,
poco di te più grandi, lo spiare
l'intelligenza che sorgeva a tratti
negli occhi tuoi, specchiando meraviglie,
65 e l'ascoltare gli echi che in un mondo
tornato prodigioso
le tue prime parole suscitavano.
E mi sei morto. Eppure,
ecco, la Primavera è ritornata
70 e ridono le rose alla tua tomba
e la tua mamma attende un nuovo figlio.
Ma nascere che vale,
e che vale morire, se nel giro
d'incanto di una rosa
75 è un labile prodigio che fa lieto
il composanto come un gran giardino?
[da La tomba verde e avventure, Mondadori, Milano 19668]
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