• Maggiore di sei figli, Ugo Foscolo nacque a Zante, una delle isole jonie allora appartenente alla Repubblica veneta, il 6 febbraio 1778 dal medico Andrea Foscolo, di antica famiglia veneziana, e dalla greca Diamantina Spathis. Il suo nome di battesimo è Niccolò, ma dal 1795 preferì farsi chiamare Ugo.
    Dopo la morte del padre, nel 1792 si trasferì presso la madre a Venezia e proseguì gli studi a Padova, dove iniziò a comporre sonetti di scarso valore e successo.
    Nel 1797 Foscolo scrisse la sua prima tragedia, Tieste, che lo consacrò autore di successo. Contemporaneamente, cominciò il suo percorso politico all'insegna del giacobinismo, proprio nel momento in cui Napoleone cominciava ad esportare in Europa le idee della rivoluzione francese.
    Sempre nel '97 scrisse l'ode A Bonaparte liberatore, che gli procurò i primi fastidi politici, fino a dover fuggire a Milano all'indomani del trattato di Campoformio. Da quell'evento nacque la diffidenza, che lo accompagnerà poi per tutta la vita, verso la politica di Bonaparte.
    Ceduta Venezia all'Austria, Foscolo raggiunse Milano, dove divenne redattore del "Monitore italiano" e strinse amicizia con Vincenzo Monti, che già aveva conosciuto a Bologna. Ma nell'aprile di quell'anno il "Monitore" fu soppresso e Foscolo fu perseguitato dalla polizia asburgica. Il bisogno economico portò Foscolo a Bologna, con un misero impiego, dove affidò all'editore Marsigli una prima versione de Le ultime lettere di Jacopo Ortis, poi completata dall'editore stesso - che ricorse al mediocre redattore Angelo Sassoli - per affrettarne l'uscita.
    Furono quelli gli anni di una intensa maturazione personale e letteraria del Foscolo: del 1800 è l'ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo, del 1802 l'ode All'amica risanata e le Poesie (che comprendono le due odi più dodici sonetti, tra cui i famosissimi Alla sera, A Zacinto, In morte del fratello Giovanni). All'attività letteraria affiancò l'impegno di combattente: al seguito del generale Macdonald fu alla Trebbia; nel giugno del 1799, con le milizie cisalpine e francesi, fu a Firenze, dove conobbe il Niccolini; poi fu a Genova, Nizza e di nuovo a Milano. In questi anni continuò a dedicarsi all'Ortis, un libro-chiave, specchio di un'intera generazione, e che fu più volte stampato e modificato nel corso degli anni.
    Nel 1807 videro la luce i Sepolcri, e nell'anno successivo Foscolo ottenne la cattedra di eloquenza all'università di Pavia, ma la cattedra fu presto soppressa per motivi politici.
    Nel 1809 rappresentò l'Aiace alla Scala, tragedia che dalle autorità fu ritenuta antinapoleonica. E Foscolo ricominciò la sua carriera di perseguitato politico nell'impero napoleonico che aveva tradito i suoi ideali.
    Nel periodo seguente scrisse il suo ultimo capolavoro, Le Grazie (1812), e seguì le alterne vicende dell'impero fino a Waterloo.
    Quando l'Austria, ottenuto il Lombardo-Veneto, chiese agli ex ufficiali napoleonici il giuramento di fedeltà, Foscolo si rifiutò di prestarlo e abbandonò per sempre l'Italia, rifugiandosi prima in Svizzera e poi in Inghilterra.
    Cominciò così il periodo più difficile della sua vita, nel corso del quale riscrisse Le ultime lettere di Jacopo Ortis e vari saggi di letteratura italiana per riviste inglesi, unico modo, insieme ad alcune lezioni private di Italiano, per contrastare le avversità economiche che gli costarono persino l'arresto per debiti, nel 1824. La vicinanza amorosa della figlia Floriana e l'affetto di alcuni pochi amici temperarono la solitudine, i disagi, le tristezze e la malattia degli ultimi anni.
    La morte lo colse nel 1827 a Turnham Green, nei pressi di Londra, e solamente dopo l'unità d'Italia, precisamente nel 1871, le spoglie furono portate a Firenze, nella chiesa di Santa Croce, accanto ai grandi italiani che il poeta aveva celebrato nel carme Dei Sepolcri.