0 - Leggere o non leggere: questo è il problema...
Un problema assolutamente relativo, però. Nel senso che chi è già intenzionato a dare un'occhiata alla "storia della filosofia" può tranquillamente saltare questa pagina, andando direttamente alla sezione dedicata alla nascita della filosofia. Chi invece è in cerca di qualche chiarimento o motivazione in più, può andare avanti nella lettura... Ergo, il problema è risolto! 1.1 - Che cos'è la filosofia? È ormai un luogo comune (abusato come tutti i luoghi comuni) affermare che questa, fra tutte le domande che la stessa filosofia pone, è la più difficile, al punto che uno dei più autorevoli pensatori del Novecento, Bertrand Russell (1872-1970), dichiarò una volta: "Non credo esistano due filosofi disposti a darvi la stessa risposta". E a lui fece eco, molti anni dopo, un altro grande filosofo, Hans Jonas (1903-1993), affermando: "È molto dubbio che la filosofia possa essere oggi identificata con alcunché di univoco e unitario". Queste dichiarazioni lasciano indubbiamente perplessi, perché quando ci si accinge allo studio di una disciplina ci si attende innanzi tutto che ne venga fornita una definizione chiara e precisa. Si tratta di un'attesa legittima e per lo più soddisfatta: qualunque dizionario, infatti, definisce (anche se in termini molto generali) cosa sono la matematica, la fisica, la chimica, la biologia, la geografia, la filologia, ecc., e ne delimita con precisione i rispettivi campi di indagine. Nel caso della filosofia, invece, tale attesa viene continuamente delusa, in quanto non esiste un consenso unanime al riguardo. Per rendersi conto di quanto sia problematico stabilire un concetto univoco di "filosofia" basterà scorrere alcune definizioni, dovute sia a filosofi di professione che a studiosi della materia. Eccone, appunto, alcune fra le migliaia disponibili:
Come si vede, anche trascurando le ultime due citazioni - l'una volutamente provocatoria, e l'altra chiaramente ironica -, è assai improbabile poter trarre da queste formulazioni (ma molte altre se ne potrebbero citare) una definizione unanimemente condivisibile del concetto di filosofia. Tuttavia, prima di giungere a conclusioni affrettate sul senso e il ruolo della nostra disciplina, proviamo a vedere quali sono le difficoltà che ne rendono problematica l'individuazione di un concetto univoco. 1.2 - Difficoltà relative alla determinazione del concetto di "filosofia" L'incertezza è sostanzialmente imputabile a tre difficoltà principali: 1. l'insufficienza semantica del termine 2. il declino della filosofia nelle scienze 3. la pluralità delle filosofie. Esaminiamole, rapidamente, una per volta. 1.2.1 - Insufficienza semantica del termine Filosofia è termine che proviene dalla fusione di due parole greche: phìlos (=amante, amico) e sophìa (=sapienza). Filosofo è dunque colui che è "amico del sapere". Ma una definizione del genere non può soddisfare poiché è vaga e insufficiente, se non altro perché il sapere può essere inteso in vari modi. Già i greci infatti, e in particolare Aristotele (384-322 a.C.), distinguevano due tipi di sapere: uno teoretico e uno pratico: l'uno rivolto alla conoscenza disinteressata della verità, e l'altro rivolto alla saggezza, a un equilibrio pratico nelle faccende della vita quotidiana. 1.2.2 - Il declino della filosofia nelle scienze La filosofia sta oggi declinando nelle scienze. Questo fatto, di per sé innegabile, non deve far dimenticare che all'origine delle scienze sta appunto la filosofia, che originariamente si occupava, oltre che (come dice Bertrand Russell) di argomenti che non hanno ancora una risposta, anche di tutti gli àmbiti oggi esplorati dal pensiero scientifico. Ma è anche vero che la crescita e lo sviluppo delle singole scienze sottraggono sempre più terreno alla filosofia, la quale - vedendo restringersi progressivamente il proprio campo d'indagine - trova sempre più imbarazzo nell'individuare la propria specificità. Il progresso scientifico, dunque, sembra diminuire inevitabilmente l'importanza della filosofia. D'altra parte non è azzardato credere che il declino della filosofia non potrà mai essere definitivo, perché vi sono domande alle quali la scienza non sembra in grado di poter rispondere: Perché esiste ciò che esiste? Il mondo ha uno scopo o è assolutamente privo di senso e di finalità? La natura è veramente regolata da leggi o siamo noi a supporlo? Cos'è che rende un'azione giusta oppure sbagliata? La bellezza ha un valore universale o è relativa a ciascun uomo (come farebbe intendere il famigerato proverbio "Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace")? ecc. Forse è proprio a questa considerazione che pensava Albert Einstein (1879-1955) affermando che "un grande scienziato non può non interessarsi anche ai grandi problemi filosofici". 1.2.3 - La pluralità delle filosofie E veniamo alla terza e più grave delle difficoltà segnalate: vale a dire il fatto che, all'interno della filosofia, esistono più filosofie spesso contrapposte tra loro, le quali propongono diverse definizioni della nostra disciplina, impedendo pertanto di giungere a una definizione comune. 1.3 - Caratteristiche principali della filosofia Nonostante tutto, di filosofia si continua a parlare, e si continua a praticarla, insegnarla e studiarla. Perciò, in mancanza di una definizione sintetica ed esauriente, possiamo accontentarci di due osservazioni generali. Studiando la filosofia, si può innanzi tutto notare che essa consiste in una catena di domande e tentativi di risposte ricorrenti nel tempo e facilmente riconoscibili poiché riguardano più o meno le tre grandi questioni poste da Immanuel Kant (1724-1804) nella Critica della ragion pura: "cosa possiamo sapere, cosa dobbiamo fare e cosa possiamo sperare". In ogni caso, molte delle domande filosofiche - e forse le più importanti - sembrano destinate tanto a rimanere senza una risposta conclusiva quanto a ripresentarsi sistematicamente. In secondo luogo si può facilmente rilevare che il principale interesse della filosofia è mettere in discussione idee assolutamente comuni che la maggior parte della gente impiega ogni giorno senza pensarci sopra; allo scopo, però, non di smentirle e capovolgerle sistematicamente, bensì di comprenderle più profondamente e, quindi, di verificare se esse hanno un solido fondamento oppure no. La maggior parte delle persone, infatti, vive la propria vita senza interrogarsi sulle proprie convinzioni fondamentali, come ad esempio il fatto che uccidere sia sbagliato. "Ma perché è sbagliato?", si chiede un filosofo. Così, uno storico può chiedere cosa è accaduto in un certo tempo del passato, ma un filosofo chiederà: "Che cos'è il tempo?". Un matematico può studiare le relazioni tra i numeri, ma un filosofo chiederà: "Che cos'è un numero?". Uno psicologo può studiare come i bambini imparano un linguaggio, ma un filosofo chiederà: "Cosa fa sì che una parola significhi qualcosa?". Molte nostre credenze, una volta esaminate, risultano avere solidi fondamenti; ma altre no. La filosofia si presenta così come il tentativo di chiarire, mediante l'uso di argomenti logici, la conoscenza del mondo e di noi stessi. E chi è persuaso che una maggiore conoscenza di ciò che siamo e di ciò che ci circonda può aiutarci a vivere meglio, o almeno in modo più consapevole, ha già un buon motivo per intraprenderne lo studio. 1.4 - Perché la filosofia? L'affermazione con cui abbiamo chiuso il paragrafo precedente costituisce già una risposta a questa domanda. Ma ce ne sono altre? Dopotutto si sente dire spesso che studiare la filosofia è inutile. Nonostante il loro cavillare sul significato delle parole, sembra che i filosofi non giungano mai a una conclusione importante e che il loro contributo alla società sia pressoché nullo o insignificante. Essi, in fondo, stanno ancora discutendo degli stessi problemi che avevano interessato gli antichi greci. Sembra perciò che la filosofia non sia in grado di cambiare nulla, e che lasci tutto così com'è. Un noto detto popolare afferma che "la filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale il mondo rimane tale e quale". Quali sono dunque, oltre a quella segnalata, le ragioni per studiare la filosofia? Premesso che ognuno troverà altre ragioni personali non prima, ma solamente dopo aver deciso di occuparsene, qui possiamo indicare due motivi che possono indurre qualcuno a studiare la filosofia, posto che in essi riconosca alcune delle sue esigenze più profonde. 1.4.1 - Sottoporre ad esame la vita Un importante motivo per studiare la filosofia è che essa tratta di questioni fondamentali che riguardano il significato della nostra vita. Se non tutti, almeno molti di noi, in qualche momento della propria esistenza, si sono posti delle domande filosofiche. Alcune le abbiamo già indicate (cfr. paragrafi 1.2.2 e 1.3), ma ne esistono altre: Esiste Dio? Come possiamo conoscere qualcosa con certezza? Che rapporto c'è fra il corpo e la mente? E così via... La maggior parte dei filosofi, e di coloro che semplicemente studiano la filosofia, pensa che sia importante che ciascuno di noi rifletta su tali questioni e ne esamini le risposte date da altri. Alcuni sostengono addirittura che una vita che non sia passata attraverso questa analisi non è degna di essere vissuta. Altre persone però trovano eccessivo tale sforzo e riescono a vivere comodamente con le proprie convinzioni, senza interrogarsi su come si siano formate. Il motivo qui indicato ha dunque un grande valore per alcuni, e risulta insignificante per altri. A ciascuno, sulla base della propria percezione del problema, spetta decidere quale via seguire. 1.4.2 - Imparare a pensare Un'importante ragione per studiare la filosofia è che essa costituisce un buon modo per imparare a pensare più chiaramente riguardo a una vasta gamma di questioni. Una tradizione che viene soprattutto dall'Illumismo ci ha abituati a ritenere che tutti gli uomini sono dotati di ragione, e che quindi tutti possano essere filosofi. Ma questa connessione, in realtà, non è così automatica: indubbiamente ogni essere umano, in quanto dotato di ragione, possiede la facoltà di pensare e quindi di esprimere il suo mondo interiore oppure le sensazioni che gli derivano dal mondo esterno. Tuttavia il pensiero filosofico si distingue da quello quotidiano (che spesso "non trova le parole" per manifestarsi) per l'uso di argomenti più stringenti sul piano logico: esso non mira semplicemente ad affermare qualcosa, ma a dimostrarlo con argomentazioni che superino la soglia della pura e semplice "opinione". 1.5 - Ma la filosofia è difficile? La filosofia è spesso descritta come una disciplina difficile. E in effetti sarebbe inutile e scorretto negarlo: ci sono anzi vari tipi di difficoltà associati ad essa, alcuni dei quali, tuttavia, possono essere evitati. È vero infatti che molti dei problemi con cui i filosofi si cimentano richiedono un alto livello di astrattezza del pensiero; ma ciò è vero per quasi ogni altra occupazione intellettuale: a questo riguardo la filosofia non è diversa dalla fisica, dalla critica letteraria, dalla programmazione di computer, dalla geologia, dalla matematica o dalla storia. C'è però un secondo tipo di difficoltà legato alla filosofia che può essere evitato: ed è l'uso e l'abuso di un gergo inutilmente complicato. Questo vale per la filosofia in generale; ma ancor più grave è il fatto che alcuni filosofi, persino tra i più grandi (Hegel o Heidegger, ad esempio), sembrano parlare e scrivere in un linguaggio tutto loro, tutt'al più accessibile a pochi specialisti. Questa situazione fa sì che la filosofia sembri una materia molto più difficile di quanto non sia realmente. 1.6 - Cosa aspettarsi dalla filosofia Ma più che sfatare il mito della difficoltà del pensiero filosofico e del suo linguaggio, occorre avvertire riguardo ai limiti della filosofia. Molto spesso chi si accinge allo studio di questa disciplina nutre nei suoi riguardi aspettative irragionevolmente alte. Si aspetta ad esempio che gli fornisca un'immagine completa e dettagliata della condizione umana; che gli riveli il significato della vita; che gli risponda sull'esistenza (o inesistenza) di Dio; ecc. Ma, sebbene la filosofia possa indubbiamente illuminare molti aspetti e questioni fondamentali della nostra vita, sarebbe ingiusto ed errato aspettarsi che essa possa fornircene un'immagine completa. Perché ci sono aspetti della vita di ciascuno che sfuggono all'analisi filosofica, e forse a ogni altro tipo di analisi (psicologica, storica, scientifica, artistica, ecc.). È importante, perciò, non attendersi troppo dalla filosofia. 1.7 - Atteggiamenti che ostacolano lo studio della filosofia "Non aspettarsi troppo" non equivale a "non aspettarsi nulla". Occorre essere molto chiari e insistere su questo punto. La filosofia non presume di investire del suo senso la totalità dell'esistenza. Indubbiamente, essa si incontra con le più svariate manifestazioni umane: il desiderio, l'amore, la gioia, il dolore, la speranza, la noia, e può aiutarci a chiarirne la natura e, quindi, a viverle più consapevolmente; ma non può trasformare in qualcosa di diverso il mondo delle passioni ed emozioni umane. L'idea di una consolazione della filosofia o di un'educazione all'indifferenza non sono né lo scopo né l'effetto involontario della pratica filosofica. Essa non rappresenta la soluzione totale per tutti i problemi e gli imprevisti della vita. Anzi, come ammoniva il nostro Giacomo Leopardi (1798-1837): "Nessun maggior segno d'essere poco filosofo e poco savio, che voler savia e filosofica tutta la vita". Questa premessa era indispensabile per esaminare alcuni atteggiamenti mentali che rendono improbabile, o perlomono assai difficoltosa, una relazione vera e profonda con la filosofia. 1.7.1 - Il fallimento del presuntuoso L'accesso alla filosofia è praticamente precluso ai presuntuosi. Il presuntuoso è colui che suppone che la propria esperienza sia sufficiente a fargli capire ogni situazione. Egli ha sempre la sicurezza del proprio giudizio, e chiunque non lo condivida o è inferiore dal punto di vista delle capacità mentali, oppure è uno che va a cercare inutili complicazioni. Per il presuntuoso non c'è niente nel mondo che, per quanto riguarda l'essenziale (cioè ciò che lui ritiene essenziale), non gli sia già noto. È intuitivo che in un tipo del genere difficilmente può nascere il desiderio di mettere in discussione almeno una parte di se stesso e, di conseguenza, il desiderio di occuparsi di filosofia. 1.7.2 - Il blocco dell'utilitarista (La filosofia non "serve" a nulla) Tra le figure psicologiche il cui stile di vita non predispone affatto (o perlomeno crea serie difficoltà) alla comprensione della filosofia, vi è anche quella dell'utilitarista. A proposito di questa parola, è bene non fraintendersi. L'utilitarismo filosofico assume infatti il criterio dell'utilità come criterio generale per considerare il valore delle azioni in relazione a un bene comune (e non strettamente personale). In questo caso, "utile" non significa immediato tornaconto: basti pensare che un grande utilitarista come John Stuart Mill (1806-1873) considerava utile - in questo caso alla formazione della personalità - un'educazione aperta ai valori ideali della poesia. Ben diverso è il caso di persone dominate da un criterio di utilità molto ristretto, molto privato, o addirittura egoistico. Si può asserire che figure psicologiche di questo tipo appartengono facilmente a un'epoca in cui il denaro diviene lo scopo dominante della vita come mezzo per ottenere vantaggi e successi che, appunto, solamente il denaro può concedere. Questo genere di persone non ha alcun interesse (né tempo!) per le domande filosofiche, che anzi vengono stimate futili o prive di senso rispetto alla competizione e alle necessità pratiche della vita quotidiana. Sarà opportuno soffermarsi su questo diffuso luogo comune, vale a dire l'idea della inutilità della filosofia - cui abbiamo già accennato di sfuggita (cfr. paragrafo 1.4) - perché esso rappresenta il freno più potente per un qualsiasi sforzo di avvicinamento e comprensione della filosofia. La convinzione che la filosofia "non serve a niente" è dovuta infatti a un criterio ristretto e puramente materialistico di utilità. Nella nostra società, per esempio, raramente si investe denaro per una ricerca, se non quando sia molto probabile che essa abbia conseguenze di ritorno sulla produzione industriale. Un curriculum di studi viene per lo più scelto dalle famiglia in ordine a una finalità pratica (per esempio la certezza - in verità sempre più labile - di trovare un lavoro). E poiché sembra vano distinguere fra diversi significati del termine "utile" per chi ha questo tipo di mentalità, la sola risposta (magari un po' altezzosa, ma efficace) che si possa dare alla domanda: "A cosa serve la filosofia?", è quella che più o meno diede Aristotele: "La filosofia non serve a nulla, perché non è serva di nessuno". 1.7.3 - Le difficoltà dell'idealista Per quanto possa sembrare strano, anche l'idealista incontra delle difficoltà ad avvicinare la filosofia. È ovvio che vi sono ideali morali come la giustizia, la solidarietà, la compassione, il coinvolgimento personale, lo spirito di sacrificio, che meritano il più ampio apprezzamento. Possiamo anzi aggiungere che se questi ideali fossero diffusi comunemente tra gli uomini probabilmente non avremmo a che fare con i problemi gravissimi che stravolgono la nostra esistenza. Ma essi sono appunto ideali, ovvero grandi passioni morali, perché purtroppo non sono così comuni, bensì caratterizzano la vita di un numero ristretto di persone. Apriamo una parentesi per dire che la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa costituisce una delle prove fondamentali della vita, e l'esperienza dovrebbe insegnare che forse è meglio sostenere ideali che sono all'altezza delle proprie capacità piuttosto che eccedere in ottime intenzioni e poi lasciarsi dominare dalle abitudini comuni, dai piccoli egoismi, dai banali narcisismi. Meglio ideali più limitati ma veramente vissuti, che grandi ma vuoti propositi. Ma perché (per tornare al nostro problema) la personalità costruita su grandi ideali ha difficoltà di approccio al discorso filosofico? Il fatto è che la personalità fortemente accentrata su un quadro di valori è radicalmente persuasa della loro certezza. Il problema vero, allora, non è discutere, poiché quei valori sono profondamente penetrati nell'animo per lo più attraverso canali affettivi e consuetudini sociali molto forti. Il problema vero è invece quello di fare proseliti e cercare di mettere in pratica quei valori. Con una tale disposizione d'animo, l'esperienza filosofica non può che assumere un senso di superfluità, e configurarsi come un gioco o un lusso intellettuale adatto ad oziosi e indecisi. 1.7.4 - Soddisfatti e risentiti Nei tre precedenti paragrafi si sono individuate alcune condizioni psicologiche che impediscono (o quantomeno rendono estremamente arduo) l'accesso alla filosofia. Vi sono però anche due atteggiamenti generali nei confronti del mondo, opposti tra loro, ma entrambi capaci di creare ostacoli a quella posizione di disponibilità che è la precondizione psicologica per affrontare la comprensione della filosofia... In altre parole, uno può anche non sentirsi presuntuoso né utilitarista né idealista, ma avere comunque un atteggiamento di fronte alla vita che gli rende problematico il "capire" filosofico. Uno è l'atteggiamento di chi è troppo soddisfatto di sé, convinto che le proprie azioni siano le migliori o, in ogni caso, le più ragionevoli. Il caso pressoché contrario è quello della persona risentita con il mondo e che attribuisce le colpe del suo costante insuccesso agli altri, ai loro difetti, alla loro malignità e incomprensione. Paradossalmente, sia il soddisfatto di sé sia il risentito si trovano in un orizzonte dove domina la dimensione di una soggettività molto povera. Nel primo caso perché sembra che non vi siano ragioni per mettere in crisi il proprio quadro di auto-compiacimento; nel secondo caso perché sfugge qualsiasi possibilità concreta di una costruzione dell'io che appaia più soddisfacente. L'incontro con la filosofia, invece, richiede proprio la disposizione a credere che la propria fatica in qualche modo avrà un effetto positivo sul nostro equilibrio interiore. Questa "credenza" (o questa presa di fiducia) è psicologicamente molto rilevante per accostarsi alla filosofia. 1.8 - In sintesi Prima di procedere, riassumiamo quanto detto finora... Per una serie di difficoltà (insufficienza semantica del termine, declino della filosofia nelle scienze, pluralità di "filosofie") non abbiamo a disposizione una definizione soddisfacente del termine filosofia. Sappiamo però che la filosofia si concentra su una serie di domande (e tentativi di risposte) facilmente riconoscibili perché riguardano aspetti fondamentali della nostra vita: che cosa possiamo sapere, che cosa dobbiamo fare, che cosa possiamo sperare... E sappiamo inoltre che essa, nel tentativo di appurarne la validità, mette in discussione idee e credenze che la gente comune dà generalmente per scontate. Il suo obiettivo di fondo è infatti una conoscenza più precisa di ciò che siamo e di ciò che ci circonda, nella speranza che ciò possa aiutarci a vivere meglio, o quantomeno in modo più consapevole, la nostra vita. Per chi ne percepisce e condivide l'intenzione, tale obiettivo costituisce già un buon motivo per intraprendere lo studio della filosofia. Un ulteriore motivo è dato dall'importanza che viene attribuita alle domande tipiche di questa disciplina. Un altro ancora è offerto dalla possibilità di pensare più chiaramente (mediante argomenti logici adeguati), al fine di dimostrare - e non soltanto enunciare - le proprie opinioni. Una volta che si trovino convincenti i suddetti motivi, e si è deciso di dedicarsi allo studio della filosofia, è bene essere avvertiti che tale studio presenta alcune difficoltà: ma se quelle di tipo concettuale sono realmente tali, quelle di tipo linguistico possono essere evitate. Ciò nonostante, iniziandone lo studio, sarà bene non attendersi troppo dalla filosofia. Indubbiamente, essa può illuminare molti aspetti dell'esistenza, ma non può (come del resto nessun'altra disciplina potrebbe) fornircene un'immagine completa e precisa. Lo studio della filosofia non sostituisce lo studio di altre discipline (storia, arte, scienza, poesia, ecc.), ma contribuisce con esse a una comprensione più ampia della vita e del mondo. Prima di accostarsi alla filosofia, occorre tener presente che esistono alcuni atteggiamenti mentali (psicologici) che ne ostacolano l'accesso e quindi la comprensione. Il primo è quello del presuntuoso: infatti, poiché suppone che la propria esperienza sia sufficiente a fargli capire ogni situazione, costui penserebbe di non aver nulla da ricavare dalle esperienze e dai pensieri altrui. La seconda figura psicologica è quella dell'utilitarista (ove il termine sia inteso in senso strettamente pratico e materialistico): costui, stimando utile solo ciò che rappresenta un tornaconto materiale, si persuaderebbe ben presto che la filosofia sia solo una perdita di tempo. La terza figura, paradossalmente, è quella dell'idealista, il quale è così radicalmente convinto della certezza e del valore dei propri ideali che non potrebbe mai metterli in discussione: egli, sentendo fortemente il dovere di tradurre tali ideali nella realtà, giudicherebbe la filosofia come un gioco o un lusso intellettuale. Vi sono anche due atteggiamenti generali nei confronti del mondo che, quantunque opposti tra loro, creano entrambi ostacoli alla comprensione della filosofia. Il primo è quello di chi, essendo pienamente soddisfatto di sé, non ha ragioni per mettere in crisi il proprio quadro di auto-compiacimento. Il secondo è quello di chi, risentito con il mondo e addossando agli altri le colpe del proprio insuccesso, non si impegna neppure per una costruzione dell'io che appaia più soddisfacente. La presa di fiducia che la filosofia può contribuire al proprio equilibrio interiore è invece molto rilevante per accostarsi ad essa. |