Nel rapidissimo La filosofia alle soglie del Duemila, che uscì nel 1993 (l'anno stesso della morte) e che può essere considerato il suo testamento filosofico, Jonas si chiedeva quale fosse il destino che attende la filosofia nel nostro millennio. All'inizio della sua "diagnosi", egli sottolineava l'incertezza definitoria del termine e dell'essenza stessa della "filosofia". |
[...] È molto dubbio che la filosofia possa essere oggi identificata con alcunché di univoco ed unitario. La si confronti con le scienze della natura. La fisica, la chimica, l'astronomia, la geologia hanno ciascuna il loro oggetto ben definito, mentre la filosofia può estendersi indifferentemente a ogni cosa e a tutto. In secondo luogo ogni scienza della natura ha, ciascuna, il suo metodo ben riconoscibile a cui è strettamente vincolato chi lo pratica e lo osserva. La filosofia al contrario, che riflette sui metodi delle altre scienze, non ha prodotto nessun metodo vincolante del filosofare e forse non ne avrà mai nessuno.
Ma soprattutto ogni scienza della natura è in grado di rendere ragione in ogni tempo di ciò che per lei ha valore e di ciò che ha fatto, di volta in volta, con l'assoluta certezza che ciò rappresenta anche il risultato ultimo del suo lavoro, ciò che fino ad ora ha raggiunto procedendo correttamente. Il passato è unicamente interessante da un punto di vista storiografico. Nessun fisico oggi può riportare alla ribalda il "flogisto".1 Ma Platone e Aristotele, Stoici ed Epicurei, Hume e Kant, Hegel e Nietzsche sono per i filosofi, sempre in modo nuovo, oggetto di dibattito e di scelta. Mentre nessuno può presentarsi seriamente come un alchimista o come un astrologo, molti si proclamano aristotelici o hegeliani. Noi non possiamo avere e neppure desiderare un consenso vincolante su ciò che è vero. Perciò non si può parlare della "situazione" odierna della filosofia, come se ne parla a proposito della fisica. È un fatto in parte spiacevole, in parte positivo, che vi siano molte filosofie e altrettante concezioni della filosofia quanti sono i filosofi. Hans Jonas, La filosofia alle soglie del Duemila [trad. di C. Angelino], il melangolo, Genova 1994, pp. 27-28. NOTE 1 La teoria del "flogisto", elaborata nel XVII secolo dal chimico tedesco Johann Joachim Becher (1635-1682) e sviluppata dal suo connazionale Georg Ernst Stahl (1660-1734), fu uno dei primi tentativi di spiegazione dei processi di combustione e ossidazione. Il "flogisto" sarebbe un ipotetico componente dei corpi combustili, e si suppose che un corpo è tanto più combustibile quanto più flogisto contiene. In base a tale teoria, perdendo flogisto i metalli si trasformano in "calci" (cioè si ossidano), mentre aggiungendo flogisto alla calce metallica (riscaldandola con carbone) questa si rimetallizza... La teoria del flogisto venne confutata nel 1783 dal grande chimico e naturalista francese Antoine-Laurent de Lavoisier (1743–1794) con l'opera Réflexions sur la Phlogistique, nella quale egli enunciò la legge della conservazione della massa, in base alla quale, in una reazione chimica, "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma": e dunque tutto ciò che c'era prima, si trova anche dopo che la reazione è avvenuta. |