È la canzone finale dell'album Storia di un impiegato, ne riprende tutti i temi e li riassume aggiungendo l'ultimo tassello. Il protagonista, in carcere, impara a vivere secondo le regole, non può più agire e così si ferma a pensare, soprattutto durante l'ora d'aria, quando i detenuti possono passeggiare insieme nel cortile. Dall'osservazione attenta di questo "rito" nasce per lui una consapevolezza nuova: in prigione ognuno smette di far parte della propria classe sociale e diviene parte di un'altra collettività, quella dei carcerati (ho visto gente venire sola e poi insieme verso l'uscita ). Continua anche ad osservare i giudici, uomini del potere, registi occulti di tutto quello che accade, e la donna amata che si concede a interviste per spiegare la sua vita privata con il galeotto.
A questo punto la musica si interrompe, continua solo il basso ad accompagnare, con le toniche degli accordi utilizzati fin qui, una strofa che sembra un manifesto anarchico dell’anarchico De André: ogni potere è cattivo perché, per quanto democratico, è sempre coercitivo. Ogni potere, ogni istituzione, è negazione della libertà altrui. (...) Infine viene aggiungo l'ultimo tema di questa "storia di un impiegato": se è vero che è un delitto il non rubare quando si ha fame, allora è legittimo il desiderio di libertà dei carcerati. Quindi questi, ormai una sola voce, come dimostra il passaggio dalla prima persona alla prima plurale nell'ultima strofa, insorgono e decidono di imprigionare i secondini; poi vanno sulla soglia della prigione a cantare a tutti i passanti il loro ritornello, che diviene anche il messaggio di tutta l'opera: "per quanto voi vi crediate assolti / siete lo stesso coinvolti". Matteo Borsani – Luca Maciacchini, Anima salva, Tre Lune, Mantova, 1999, pp. 90-91] L'impiegato, in galera, riesce a compiere una esauriente complessiva maturazione tra individualismo sfrenato e lotte collettive. All'inizio egli rinuncia di proposito all'ora d'aria per non mescolarsi coi carcerieri; De André passa poi a descrivere, sempre mediante gli occhi e le riflessioni del personaggio, l'inutilità della prigione e i progressi filosofici che gli fanno capire la mancanza di poteri buoni. Il pezzo termina con il sequestro dei secondini nell'unica frase al plurale, dove la lotta di classe non appare più quale protesta solipsistica ma diviene battaglia collettiva sino a citare il tema della Canzone del maggio sul globale coinvolgimento. Anche a livello acustico la ballata rilegge sia quest'ultima sia La bomba in testa con arrangiamenti datati che oggi suonano vintage e fanno pensare a contaminazioni con il prog rock. Tuttavia il debito culturale riguarda soprattutto il libro di poesie La centrale idroelettrica di Bratsk scritto dal russo Eugeni Evtušenko, che, per molti, farebbe da leit-motiv dell'intero disco. [Guido Michelone, Fabrizio De André. La storia dietro ogni canzone, Barbera, 2011, pp. 109-110] |