Propongo l'originale da cui De André ha tratto la sua canzone per l'album Storia di un impiegato:
Rievoca gli avvenimenti accaduti e, rivolgendosi a quelli che alla lotta non hanno partecipato, li accusa e ricorda loro che chiunque - anche chi, in quelle giornate, si è chiuso in casa per paura, menefreghismo o avversione - è ugualmente coinvolto negli avvenimenti. Il finale sostiene che la rivolta, lungi dall'essere esaurita, ci sarà ancora, ed ancora più forte, in futuro. Esprimendo le motivazioni più profonde della protesta e della rivolta sessantottina, De André dichiara la propria adesione al movimento attraverso l'uso dell'aggettivo nostro e si schiera, come sempre del resto, contro i benpensanti che videro minacciato l'ordine stabilito. Il ceto medio, opportunista e formalista, è rappresentato con grande efficacia attraverso pochi elementi: la millecento, la fiducia nella televisione, il desiderio di non compromettersi votando ancora la sicurezza, la disciplina. Da segnalare qualche metafora. Lo stesso maggio (v. 1), oltre al suo ovvio livello denotativo, rinvia a una rinascita di forze intellettuali, volte al cambiamento e al miglioramento della società. Ci mordevano il sedere (v. 20), riferito alle auto della polizia, indica l'inseguimento. Da segnalare l'anafora con lievi variazioni lessicali del canto d'accusa: anche se voi vi credete assolti / siete lo stesso coinvolti (vv. 7-8), provate pure a credervi assolti... (v. 15), anche se allora vi siete assolti... (v. 31), per quanto voi vi crediate assolti (v. 41). ASPETTI METRICI Quattro strofe di otto versi, più una strofa finale di dieci. I versi sono di differente lunghezza: dal settenario (ad es. vv. 1 e 8) all'endecasillabo (ad es. vv. 2 e 30), dal quinario doppio (ad es. vv. 12 e 28) all'ottonario (ad es. vv. 19 e 38) al novenario (ad es. vv. 22 e 35). Le rime, poste con maggiore regolarità nella seconda parte, sono baciate: maggio/coraggio, assolti/coinvolti, gioco/poco, ecc., o alternate: mento/millecento, niente/studente, ora/ancora. Manca la rima ai vv. 3-5 e 9-11; vi è invece rima imperfetta ai vv. 21-22 e assonanza tonica ai vv. 34-36. La canzone (liberamente tratta da un canto degli studenti parigini) con cui, nel 1973, ricvordava e in un certo senso celebrava il maggio francese di quattro anni prima, può veramente ritenersi ormai un testo classico, perché (...) esprimeva icasticamente e limpidamente le motivazioni più profonde della protesta e della rivolta sessantottina, del suo successo contingente, del suo valore perenne, con l’inesorabiltà di un’invettiva, quasi una maledizione transpolitica e metastorica. F. De Giorgi, in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, 1997, p. 80] |