Dante Alighieri nacque a Firenze nel maggio (o forse giugno) del 1265 da Alighiero degli Alighieri, e da Bella, di cui ci è stato tramandato solo il nome, appartenenti alla piccola nobiltà guelfa.
Della sua infanzia e adolescenza abbiamo pochissime notizie. Di sicuro sappiamo che da bambino, fra il 1270 e il 1275, rimase orfano di madre, e che intorno ai diciotto anni perdette anche il padre.
Nel 1277 venne stipulata una promessa di matrimonio con Gemma Donati, che diverrà sua moglie (intorno al 1285-1290) nonché madre dei suoi figli, Pietro, Jacopo, Antonia, e forse Giovanni.
Fin dalla più giovane età studià i maggiori autori latini (Virgilio, Ovidio, Orazio, Lucano) e lesse i poeti provenzali, siciliani e toscani. Conobbe di persona Brunetto Latini, notaio e scrittore fiorentino, e Guido Cavalcanti, poeta di nobile famiglia fiorentina, entrambi ricordati nell'Inferno, il primo nel XV e il secondo nell'XI canto.
Intorno al 1287, a Bologna, conobbe Guido Guinizelli, giudice e poeta bolognese, ricordato nel Purgatorio (canto XXVI, vv.96-97) con l'affettuoso appellativo di "padre mio".
All'infanzia e all'adolescenza risale l'amore per Beatrice (la donna a cui sono dedicati molti dei testi poetici più importanti di Dante), identificata dalla critica in Bice Portinari, figlia di messer Folco, che andò sposa a Simone dei Bardi e morì giovanissima nel 1290.
Tra il 1291 e il 1294, dopo la morte di Beatrice, Dante si dedicò allo studio della filosofia per cercare "rimedio alle mie lacrime", come ebbe a scrivere nel Convivio (II. xii. 1-7). Studiò le opere di Severino Boezio (De consolatione philosophiae) e di Cicerone (De amicitia), di Agostino e Tommaso d'Aquino, dei mistici medievali (San Bernardo di Chiaravalle) e dei francescani (Bonaventura da Bagnoregio).
Agli stessi anni risale la composizione della Vita Nuova, il primo libro di Dante, che racconta la storia dell'amore per Beatrice, dal primo incontro (avvenuto quando lei aveva nove anni) alla morte della donna.
Agli anni tra il 1290 e il 1300 appartiene anche la maggior parte dei componimenti poetici raccolti nelle Rime.
Fin da giovane Dante si interessò vivamente alla vita pubblica della sua città. Iscritto alla sesta delle Arti Maggiori, quella dei Medici e Speziali (l'iscrizione a una delle Arti era obbligatoria per ricoprire una carica pubblica a Firenze, dopo che nel 1293 gli Ordinamenti di Giano della Bella avevano escluso dalle cariche pubbliche i nobili non iscritti a una delle Arti), Dante ricopr' negli anni dal 1295 al 1300 diverse cariche pubbliche.
Erano anni di tensione e violenza politica, a casua dell'ostilità determinatasi tra le due potenti famiglie dei Cerchi, capi dei Bianchi, e dei Donati, capi dei Neri, intorno alle quali finirono col dividersi i nobili e il popolo stesso. I fatti di violenza si ripetevano con frequenza.
Alle divisioni interne si aggiungeva il pericolo rappresentato dalle mire espansionistiche di Bonifacio VIII, che meditava di estendere alla Toscana il dominio della Chiesa. Nell'aprile del 1300 venne scoperta una congiura per consegnare Firenze al papa, e i congiurati vennero denunciati e condannati.
Nel giugno del 1300 Dante venne eletto priore per il bimestre 16 giugno -15 agosto. I nuovi priori continuarono l'opposizione all'intromissione del papa, in difesa dell'indipendenza di Firenze. Ma Bonifacio VIII non rinunciò al suo piano di potere su Firenze e si accordò con i Neri, e il 23 giugno vi fu un violento scontro tra le due fazioni. I priori, tra cui Dante, condannarono al confino otto dei capi di entrambe le parti, fra cui Guido Cavalcanti (di parte bianca), che fu confinato a Sarzana, in Lunigiana, ove si ammalò di malaria; alla fine di agosto rientrò a Firenze, ma vi morì poco dopo.
In quello stesso periodo Bonifacio VIII ordinò al cardinale di Firenze di scomunicare i priori della città, e quindi anche Dante che, nei due mesi in cui era stato priore,, aveva difeso con fermezza lìindipendenza del Comune, opponendosi alle mire espansionistiche del papa.
Nel novembre del 1300 Dante fece parte di una missione diplomatica inviata a Roma per chiedere al papa di togliere la scomunica, e nel 1301 venne eletto nel Consiglio dei Cento.
Intanto Bonifacio VIII. per realizzare i suoi piani di dominio su Firenze, interpellò Carlo di Valois come esecutore del suo piano di mettere al potere i Neri che lo appoggiavano.
Nell'ottobre del 1301 Firenze inviava al papa una nuova missione diplomatica per cercare di evitare lo scontro militare, e tra gli ambasciatori vi era di nuovo Dante. Ovviamente non ottennero nulla e, prima che Dante ritornasse a Firenze. il 1° novembre del 1301 i Neri, con l'appoggio di Carlo di Valois si impadronirono, della città, uccisero numerosi oppositori e saccheggiarono o incendiarono le loro case, fra cui quella di Dante. Il poeta apprese della vittoria dei Neri mentre stava tornando da Roma, e decise di non rientrare in città.
Nel gennaio 1302 venne accusato, insieme ad altri priori nemici dei Neri, di baratteria, guadagni illeciti, frode fiscale e altri reati, e, non essendosi presentato a difendersi, venne condannato a pagare una multa di 5.000 fiorini piccoli, a due anni di confino e all'esclusione perpetua da qualunque incarico pubblico. Il 10 marzo del 1302 la condanna venne mutata in una condanna a morte per rogo ("ut si… in fortiam Comunis pervenerit…, igne comburatur sic quod moriatur", ovvero essere messo al rogo se giungesse in potere del Comune).
Per alcuni anni i Bianchi esiliati cercarono senza successo di rientrare in Firenze con le armi. Ma Dante, non sappiamo quando e perché, si separò dagli altri fuoriusciti e non cercò più di tornare a Firenze, come leggiamo nel Paradiso (XVII vv. 61-69).
Dopo la condanna, Dante peregrinò di città in città, ospite di vari signori. Nei primi anni dell'esilio fu a Forlì, poi a Verona, ospite di Bartolomeo della Scala, a Treviso e a Padova, poi in Lunigiana e in Toscana. Nel Convivio (I, iii, 4), a proposito della sua condizione di esiliato, Dante scrisse: "Poi che fu piacere de li cittadini de la bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno (…) per le parti quasi tutte a le quali questa lingua si stende, peregrino, quasi mendicando, sono andato, mostrando contro mia voglia la piaga de la fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata".
Tra il 1304 e il 1307 scrisse due importanti opere: il Convivio, un trattato filosofico in volgare, e il De vulgari eloquentia, un trattato sulla lingua volgare italiana in latino, entrambe rimaste incompiute.
Nel 1304, o più probabilmente nel 1306-1307, Dante iniziò a scrivere l'Inferno, dopo il 1308 il Purgatorio, e dopo il 1316 il Paradiso.
Nel 1310 la discesa in Italia dell'imperatore Enrico VII generò grandi speranze negli sconfitti ed esiliati dei Comuni italiani. Dante crede che l'imperatore potesse ristabilire ordine e pace a Firenze e nelle città toscane, e scrisse tre lettere, a tutti i regnanti, signori e Comuni d'Italia, all'imperatore e ai Fiorentini, per sostenere l'impresa di Enrico VII. Nel corso dell'impresa, però, Enrico VII si ammalò e dopo quasi tre anni di assedi e battaglie, nell'agosto del 1313, morì. Dante non perdette tuttavia la speranza in un futuro "salvatore", e negli anni fra il 1311 e il 1313 scrisse la Monarchia, un trattato politico in latino.
Nel 1315 per i fiorentini esiliati ci fu un'amnistia, ma Dante rifiutò di rientrare a Firenze perché, come racconta in una lettera indirizzata a un amico fiorentino, avrebbe dovuto pagare una multa e riconoscere di essere colpevole. Poco dopo Firenze rinnovò la condanna a morte degli esiliati, includendovi anche i figli.
Gli ultimi anni dell'esilio Dante fu ospite di Cangrande della Scala, a Verona, e poi di Guido da Polenta, a Ravenna, dove nel 1321 morì per febbre malarica e dove, da allora, è sepolto nella chiesa di San Francesco.
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