"Quattro anni di Sardegna vuol dire come minimo, se uno ci vive dentro insieme, imparare il dialetto. Allora mi sono permesso di scrivere 'sta roba qua: si chiama Zirichiltaggia, vuol dire lucertolaio; è un litigio tra due pastori per questioni di eredità."
Così, durante la tournée con la P.F.M., Fabrizio presentava questa canzone, e ci sembra ancora il commento migliore. Si cimenta per la prima volta con il dialetto, in un velocissimo botta e risposta tra due fratelli che litigano per la divisione dell'eredità paterna: "la collina rossa con il sughero, le vacche e il toro grande, l’orto, la casa, gli alberi da frutto"... Alla fine si arriva a un duello in piazza, per risolvere la questione da uomini. Matteo Borsani – Luca Maciacchini, Anima salva, Tre Lune, Mantova, 1999, pp. 115-116] Ci ispirammo a un fatto realmente accaduto a un vicino di casa. L'abbiamo raccontato usando una forma di poesia cantabile tipica della cultura sarda: l'alterco. Sai come funziona: due poeti si fronteggiano a colpi di versi e vinca il migliore. I poeti popolari sopravvivono nella cultura arcaica sarda non solo per verseggiare, ma anche per svolgere una funzione sociale specifica: prestare parole a chi non ne ha o non le sa usare. Una frase da incidere su una lapide, una lettera da scrivere all'avvocato, delle belle frasi d'amore da dire all'amata in una lettera o in una serenata. (...) "Zirichiltaggia" è un brano divertente e costruito su quei paradossi che poi torneranno in Don Raffaè. "I soldi di papà spesi tutti in dolciumi, medicine e giornali che tuo figlio a quattro anni aveva già gli occhiali". Per scriverla abbiamo raccolti molti modi di dire, frasi divertenti, insulti originali e maledizioni ricorrenti, di cui prendevamo nota. Un signore, Paolo Pagellu, ci ha aiutati a scrivere il testo in gallurese corretto, perché Fabrizio lo parlava, ma non abbastanza da scriverlo senza errori. [Massimo Bubola, in Massimo Cotto, Fabrizio De André raccontato da Massimo Bubola, Aliberti, Reggio Emilia 2006, p. 49] Come avverte il sottotitolo, è un baddu tundu, ossia un ballo tondo, una danza veloce della tradizione gallurese a testimonianza di come l'antica cultura sarda, dalla metà degli anni Settanta, affascini e coinvolga la vita, l'arte, la musica di De André. Per alcuni critici la melodia e il ritmo del brano, dai forti accenti country 'n' western, ricordano la canzone Back Door (o La Porte d'En Arrière) di Doris Leon Menard, che lungo i Sixties diventa un successone nella Louisiana francofona grazie all'esecuzione in stile cajun. Il testo - il primo di Faber in lingua sarda, benché corretto dal compaesano Paolo Paggiolu - mette in scena l'alterco, tipica poesia cantabile isolana che, qui, descrive la lite fra due pastori per questioni di eredità, contrapponendo i piaceri della vita cittadina alla dura quotidianità di una campagna spesso ostile; sulla falsariga di molte canzoni folk, è anche qui un susseguirsi di giochi linguistici e di accurate descrizioni. Dice Faber: "Quattro anni di Sardegna vuol dire come minimo, se uno ci vive dentro, insieme, imparare il dialetto. Allora mi sono permesso di scrivere 'sta roba qua: si chiama Zirichiltaggia, che vuol dire lucertolaio". [Guido Michelone, Fabrizio De André. La storia dietro ogni canzone, Barbera, 2011, pp. 147-148] |