COMMENTO
"In Fratellanza l'uomo e l'universo stanno di fronte: dalla parte dell'uomo, il tempo misurabile e quindi finito della vita; dalla parte dell'universo, lo spazio che viene definito come enorme, una dimensione senza limiti, in cui anche il tempo si annulla perché diviene relativo. Più oltre nella poesia, però, si racconta di un istante, che è sia sguardo che intuizione assoluta, in cui senza intendere comprendo. E ciò che viene ompreso al di fuori dello svolgimento lineare della ragione discorsiva parla di una relazione profonda: le stelle scrivono, l'universo, come l'uomo, è scrittura, sistema di segni in continuo movimento, in cui tutto traduce tutto e chi scrive queste lettere viene a sua volta sillabato da una voce che è ancora annuncio di nuove forme. L'ultimo verso della poesia conclude con un qualcuno mi sillaba, ma è importante (...) tenere a mente come, per Octavio Paz, quel qualcuno non sia in alcun modo un Qualcuno: non si dà il testo di una parola definitiva, un nominare che sia assoluto. In questo senso non dà fratellanza dell'uomo con l'universo, ma dell'uomo nell'universo. Non si tratta neppure di un banale riflesso del macrocosmo nel microcosmo, anzi, non è neppure questioni di cosmo come insieme ordinato e intelligibile."
[Dall'introduzione di Ernesto Franco al volume da cui è tratta la poesia, p. IX]
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