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          Ragazzo dalla faccia onesta
          e puritana, anche tu, dell'infanzia,
          hai oltre che la purezza la viltà.
          Le tue accuse ti fanno mediatore che porta
      5  la sua purezza – ardore di occhi azzurri,
          fronte virile, capigliatura innocente –
          al ricatto: a relegare, con la grandezza
          del bambino, il diverso al ruolo di rinnegato.
    
          No, non la speranza ma la disperazione!
    10  Perché chi verrà, nel mondo migliore,
          farà l'esperienza di una vita insperata.
    
          E noi speriamo per noi, non per lui.
          Per costruirci un alibi. E questo
          è anche giusto, lo so! Ognuno
    15  fissa lo slancio in un simbolo,
          per poter vivere, per poter ragionare.
          L'alibi della speranza dà grandezza,
          ammette nelle file dei puri, di coloro,
          che, nella vita, si adempiono.
    
    20  Ma c'è una razza che non accetta gli alibi,
          una razza che nell’attimo in cui ride
          si ricorda del pianto, e nel pianto del riso,
          una razza che non si esime un giorno, un’ora,
          dal dovere della presenza invasata,
    25  della contraddizione in cui la vita non concede
          mai adempimento alcuno, una razza che fa
          della propria mitezza un'arma che non perdona.
    
          Io mi vanto di essere di questa razza.
          Oh, ragazzo anch'io, certo! Ma
    30  senza la maschera dell'integrità.
    
          Tu non indicarmi, facendoti forte
          dei sentimenti nobili – com'è la tua,
          com'è la nostra speranza di comunisti –
          nella luce di chi non è tra le file
    35  dei puri, nelle folle dei fedeli.
          Perché io lo sono. Ma l'ingenuità
          non è un sentimento nobile, è un'eroica
          vocazione a non arrendersi mai,
          a non fissare mai la vita, neanche nel futuro.
    
    40  Gli uomini belli, gli uomini che danzano
          come nel film di Chaplin, con ragazzette
          tenere e ingenue, tra boschi e mucche,
          gli uomini integri, nella salute
          propria e del mondo, gli uomini
    45  solidi nella gioventù, ilari nella vecchiaia
          – gli uomini del futuro sono gli UOMINI DEL SOGNO.
    
          Ora la mia speranza non ha
          sorriso, o umana omertà:
          perché essa non è il sogno della ragione,
    50  ma è ragione, sorella della pietà.
    
    
    [Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano 1964, p. 29]

    METRO
    Versi liberi raggruppati in strofe di diversa lunghezza e praticamente privi di rime, tranne la strofetta finale.

    COMMENTO
    Scritta da Pasolini il 24 aprile 1962, questa intensissima lirica fu inserita nella raccoltaPoesia in forma di rosa (1964).
    In questa poesia, scritta fra il 1962 e il 1963 e pubblicata in Poesia in forma di rosa (1964), il poeta si rivolge idealmente ad un giovane marxista, al quale prospetta non la speranza (divenuta ormai un sentimento retorico) ma la disperazione, affinché chi verrà possa fare "l'esperienza di una vita insperata", non programmabile, fatta di "sogno".
    Walter Siti, curatore delle opere di Pasolini per la la collana "Meridiani" dell'editore Mondadori. sostiene che "il ragazzo a cui Pasolini si rivolge è molto probabilmente Massimo Ferretti, un giovane scrittore marchigiano a cui fu per alcuni anni legato da un'amicizia intensa e tempestosa, rovinata tra l'altro dal fatto che Ferretti non riusciva ad accettare senza nevrosi l'omosessualità di Pasolini".
    Massimo Ferretti, nato il 13 febbraio 1935 a Chiaravalle, nelle Marche, nel maggio del 1954, ancora studente liceale, pubblicò a proprie spese il poemetto Deoso (Casa editrice Maia, Siena), e nel 1955, sempre a proprie spese, una plaquette di versi, Allergia (Tipografia Civerchia, Jesi). Pasolini trovò interessanti questi suoi lavori e decise di pubblicarne dei versi nellarivista “Officina” del febbraio '56. I due si incontrano per la prima volta a Roma nel dicembre del 1957, dopo un fitto scambio epistolare. Nel 1961 Ferretti si trasferì a Roma e iniziò a frequentare l'ambiente letterario che ruotava intorno a Pasolini; ma i rapporti tra i due si rovinarono nel 1963, dopo l'adesione del giovane al "Gruppo '63" (Eco, Sanguineti, Arbasino, ecc.), che si contrapponeva decisamente alla "letteratura corrente", rappresentata da autori pregevolissimi come Giorgio Bassani, Carlo Cassola, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Alberto Moravia e lo stesso Pasolini, accusati in blocco di "tradizionalismo".
    Massimo Ferretti morì nella notte del 20 novembre 1974, nella sua casa di Roma. Due giorni dopo, la salma venne traslata cimitero di Jesi.