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          Tri, tri tri
          Fru fru fru,
          uhi uhi uhi,
          ihu ihu, ihu.
    
      5  Il poeta si diverte,
          pazzamente,
          smisuratamente.
          Non lo state a insolentire,
          lasciatelo divertire
     10  poveretto,
          queste piccole corbellerie
          sono il suo diletto.
    
          Cucù rurù,
          rurù cucù,
     15  cuccuccurucù!
    
          Cosa sono queste indecenze?1
          Queste strofe bisbetiche?
          Licenze, licenze,
          licenze poetiche2.
     20  Sono la mia passione.
    
          Farafarafarafa,
          Tarataratarata,
          Paraparaparapa,
          Laralaralarala!
    
     25  Sapete cosa sono?
          Sono robe avanzate3,
          non sono grullerie,
          sono la… spazzatura
          delle altre poesie.
    
     30  Bubububu,
          fufufufu,
          Friù!
          Friù!
    
          Se d’un qualunque nesso
     35  son prive,
          perché le scrive
          quel fesso?
    
          Bilobilobiobilobilo
          blum!
     40  Filofilofilofilofilo
          flum!
          Bilolù. Filolù,
          U.
    
          Non è vero che non voglion dire,
     45  vogliono dire qualcosa.
          Voglion dire…
          come quando uno si mette a cantare
          senza saper le parole4.
          Una cosa molto volgare.
     50  Ebbene, così mi piace di fare.
    
          Aaaaa!
          Eeeee!
          liii!
          Qoooo!
     55  Uuuuu!
          A! E! I! O! U!
    
          Ma giovinotto,
          diteci un poco una cosa,
          non è la vostra una posa,
    60  di voler con cosi poco
          tenere alimentato
          un sì gran fuoco?5
    
          Huisc… Huiusc…
          Huisciu… sciu sciu,
     65  Sciukoku… Koku koku,
          Sciu
          ko
          ku.
    
          Come si deve fare a capire?
     70  Avete delle belle pretese,
          sembra ormai che scriviate in giapponese.
    
          Abi, alì, alarì.
          Riririri!
          Ri.
    
     75  Lasciate pure che si sbizzarrisca,
          anzi, è bene che non lo finisca,
          il divertimento gli costerà caro:
          gli daranno del somaro.
    
          Labala
     80  falala
          falala
          eppoi lala…
          e lala, lalalalala lalala.
    
          Certo è un azzardo un po’ forte
     85  scrivere delle cose così,
          che ci son professori, oggidì,
          a tutte le porte.
    
          Ahahahahahahah!
          Ahahahahahahah!
     90  Ahahahahahahah!
    
          Infine,
          io ho pienamente ragione,
          i tempi sono cambiati,
          gli uomini non domandano più nulla
     95  dai poeti:
        e lasciatemi divertire!
    
    
    [Poesie, Mondadori 1971]

    METRO
    Versi liberi.

    COMMENTO
    Questa poesia, pubblicata nel 1910 nella raccolta L'incendiario (dedicata a Filippo Tommaso Marinetti), è uno dei testi che, con Chi sono? e La fontana malata, meglio definisce la poetica e l'identità di Aldo Palazzeschi. Vi è in essa una tagliente critica, condotta con le armi dell'ironia e del paradosso, contro la tradizione poetica in generale e soprattutto contro il dannunzianesimo allora imperante. Palazzeschi, infatti, nella sua fase più esplicitamente futurista, irride i modelli passati, dalla funzione del "poeta-vate" alla maniera dannunziana alle eccessive difficoltà stilistiche di chi scrive "in giapponese" (v. 71), passando per chi si spaccia per poeta senza aver nulla da dire. Il poeta palazzeschiano, invece, si vuole solo divertire.
    Si tratta dunque di un originalissimo manifesto di poetica, col programmatico rifiuto della tradizione passata e dei modelli convenzionali di versificazione: in primis D'Annunzio, che ad inizio secolo rappresenta sicuramente l'immagine del letterato o del "vate" in grado di ricoprire contemporaneamente i ruoli di poeta (le Laudi sono assai indicative in tal senso), romanziere (si pensi a Il Piacere del 1889 oppure a Il fuoco del 1900), intellettuale a tutto tondo.

    NOTE
    1 Cosa sono...: qui, e altrove in seguito, bisogna immaginare due diverse "voci": quella del poeta e quella del pubblico che commenta o gli chiede spiegazione.
    2 licenze poetica: deviazioni dall'uso comune che si concede chi scrive in versi.
    3 robe avanzate: il poeta si sente alla fine della tradizione poetica italiana; a lui sono rimasti solo gli avanzi: la "spazzatura / delle altre poesie".
    4 Come quando... parole: come dicesse: mi è rimasta nell'orecchio un'eco della poesia di un tempo, a non ha alcun significato (l'immagine ha un senso simile a quella delle "robe avanzate" del v. 26.
    5 un sì gran foco: il fuoco dell'ispirazione, nominato con parole solenni nel momento in cui viene spietatamente deriso (non è evidentemente un caso che il romanzo in cui D'Annunzio celebra la sublimità dell'artista si intitola appunto Il fuoco).