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          Che cosa è più triste di un treno?
          Che parte quando deve,
          Che non ha che una voce,
          Che non ha che una strada.
      5  Niente è più triste di un treno.
    
          O forse un cavallo da tiro.
          È chiuso fra due stanghe,
          Non può neppure guardarsi a lato.
          La sua vita è camminare.
    
    10  E un uomo? Non è triste un uomo?
          Se vive a lungo in solitudine
          Se crede che il tempo è concluso
          Anche un uomo è una cosa triste.‎
    
    17 gennaio 1946
    
    
    [In Poesia Italiana, 6 "Novecento", Gruppo Editoriale l'Espresso, Milano 2004, p. 915]

    METRO
    Tre strofe, la prima di cinque e le altre di quattro versi di lunghezza variabile.

    COMMENTO
    Come si sa, i crepuscolari indicavano nella domenica, giorno fatto di noia e di malinconia, il giorno più triste della settimana. Qui invece è il lunedì, sia per la partenza del treno (= immagine di commiato più o meno definitivo), sia perché il viaggio è un obbligo e ha una meta predestinata a cui non ci si può sottrarre ("non ha che una strada", "non ha che una voce"). Il sospetto che possa trattarsi di un viaggio verso i campi di concentramento viene però contraddetto da una lettera dell'autore, che aveva trovato lavoro come chimico fuori Torino: "La poesia ricorda appunto una partenza dalla stazione di Porta Nuova per Avigliana, nel gelo di un lunedì all'alba".