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          Sognavamo nelle notti feroci
          Sogni densi e violenti
          Sognati con anima e corpo:
          Tornare; mangiare; raccontare.
      5  Finché suonava breve sommesso
          Il comando dell'alba:
                                       “Wstawac”;
          E si spezzava in petto il cuore.
    
          Ora abbiamo ritrovato la casa,
          Il nostro ventre è sazio,
    10  Abbiamo finito di raccontare.
          È tempo. Presto udremo ancora
          Il comando straniero:
                                       “Wstawac”.
    
    10 gennaio 1946
    
    
    [In Poesia Italiana, 6 "Novecento", Gruppo Editoriale l'Espresso, Milano 2004, pp. 913-914]

    METRO
    Due strofe con stuttura parallela di sette e cinque versi liberi.

    COMMENTO
    Questa poesia, scritta l'11 gennaio del 1946, si legge in epigrafe al romanzo La tregua, che può essere considerato il seguito del più celebre e celebrato Se questo è un uomo, e che racconta il ritorno a casa dello scrittore dopo la sua permanenza nel campo di concentramento di Auschwitz.
    La poesia è divisa in due parti. Nella prima lo scrittore rievoca i sonni e i risvegli nel lager: la violenza era tale, in quel luogo, che anche i sogni diventavano "feroci"; così come violento era, al mattino, il temuto ed atteso comando "Alzarsi" (in polacco "Wstawac"). Nella seconda parte egli parla del ritrovato calore dell'ambiente familiare, dove tuttavia, nel sonno, risuona il perentorio comando: "Wstawac".