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          Quanto sia vana ogni speranza nostra,
          quanto fallace ciaschedun disegno,
          quanto sia il mondo d'ignoranza pregno,
          la maestra del tutto, Morte, il mostra.
    
     5   Altri si vive in canti e in balli e in giostra,
          altri a cosa gentil muove lo ingegno,
          altri il mondo ha, e le sue cose, a sdegno,
          altri quel che drento ha, fuor non dimostra.
    
          Vane cure e pensier, diverse sorte
    10  per la diversità che dà Natura,
          si vede ciascun tempo al mondo errante.
    
          Ogni cosa è fugace e poco dura,
          tanto Fortuna al mondo è mal costante;
          sola sta ferma e sempre dura Morte.
    
    
    [Da Scritti scelti, Utet, 1955]

    Si tratta di uno dei più celebri componimenti intorno al tema della fugacità del tempo e in genere della vanità delle cose umane: un tema generalmente umanistico, che però Lorenzo tratta in modo personalissimo.
    La sola certezza umana - quella della morte [come non ricordare 'a livella del grande Totò, o l'Eguagliatrice di Guido Gozzano?] - non è motivo di disperazione per il poeta, bensì accettazione, malinconica e insieme virile, di un destino caduco ed aleatorio, che va vissuto in quanto tale, e nel modo in cui ciascuno sceglie.