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          Condotto per molte genti1 e molti mari
          sono giunto a queste (tue) tristi spoglie2, o fratello,
          per renderti l'estrema offerta della morte3
          e per parlare invano alla (tua) muta cenere4,
     5   poiché la sorte mi ha portato via proprio te, ahimè,
          infelice fratello ingiustamente strappatomi via!
          Ora questi pegni, che secondo l'usanza degli avi
          sono stati consegnati come triste omaggio funebre5,
          accettale, stillanti di molto pianto fraterno,
    10  e per sempre, o fratello, ti saluto e ti dico addio6.
    
    
    [Traduzione di Luca Canali, in Antologia della letteratura latina, Torino, Einaudi 1999, p. 176]

    TESTO ORIGINALE
    Multas per gentes et multa per aequora vectus / advenio has miseras, frater, ad inferias, / ut te postremo donarem munere mortis / et mutam nequiquam alloquerer cinerem, / quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum, / heu miser indigne frater adempte mihi! / Nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum / tradita sunt tristi munere ad inferias, / accipe fraterno multum manantia fletu, / atque in perpetuum, frater, ave atque vale.

    COMMENTO
    Il carme 101, fra i più celebri di Catullo, fu composto nel 57 a.C. durante un viaggio in Bitinia, al seguito del governatore Gaio Memmio, e narra della visita alla tomba del fratello, sepolto nella Troade, per porgergli l'estremo saluto.
    Al modello catulliano si ispirano il celebre sonetto foscoliano In morte del fratello Giovanni e la lirica Atque in perpetuum, frater di Giorgio Caproni.

    NOTE
    1 Multas per gentes: metonimia usata da Catullo per indicare il lungo viaggio per molti paesi, prima di giungere alla tomba del fratello.
    2 Si noti la figura retorica dell'ipallage, per cui il poeta trasferisce alle spoglie del fratello l’aggettivo miseras ("triste", "doloroso") che in realtà descrive il suo stato d'animo.
    3 postremo munere mortis: letteralmente "l'ultimo dono di morte". Catullo si è recato sulla tomba del fratello per rendere gli onori funebri - intesi qui come doni - al fratello.
    4 mutam cinerem: si tratta di una personificazione delle ceneri del fratello a cui il poeta si rivolge invano, dal momento che non può più parlare con lui. Questo componimento e in particolare questo verso sono il modello del sonetto di Ugo Foscolo In morte del fratello Giovanni.
    5 more parentum: il termine letteralmente indica "l'usanza dei genitori", ovvero i riti funebri tradizionali, in cui si prevede un'offerta votiva e un sacrificio sulla tomba del parente defunto (solitamente costituito da doni quali cibo, bevande o fiori). Per Catullo si tratta di un rito necessario ma inutile, dal momento che non riporterà in vita il fratello, con cui ormai non ha più la possibilità di parlare. Tutto il componimento si basa su questa opposizione tra le formalità del rito funebre tradizionale e l'urgente necessità di un ultimo, impossibile contatto col fratello defunto.
    6 ave atque vale: formula tradizionale di saluto ai defunti, che normalmente veniva pronunciata durante i funerali; la forma completa è "salve, vale, ave". Si tratta dell'ultimo saluto del poeta al fratello.