Verranno a chiederti del nostro amore è stata l'unica canzone dell'album [Storia di un impiegato] ad essere poi riproposta in concerto e inclusa anche nel disco dal vivo inciso con la PFM.
È una canzone d'amore sui generis: appare un'accusa alla donna che ha preferito non esporsi, lasciandosi corteggiare in cambio di un mazzo di fiori o di un posto di lavoro. Può invece essere considerata a pieno titolo una canzone d'amore se si valuta questo sfogo, a tratti tagliente e aspro, come l'estremo appello che l'impiegato rivolge dal carcere all'amata per convincerla a cambiare, a non barattare se stessa con niente e a prendere in mano la sua vita. È l'ultimo tentativo dell'amore di mantenersi in vita. Le prime due strofe ripercorrono il rapporto: lei è descritta come prudente e restia "nelle fantasie dell'amore", ma sempre pronta ad abbandonarsi al linguaggio ipocrita delle eterne promesse, che saranno poi puntualmente smentite; lui invece è dipinto come un ribelle anche dal punto di vista amoroso: "dove l'amore non era adulto / e ti lasciavo graffi sui seni". Entrambi sono arroccati sulle loro posizioni e non disposti a cambiare. A cambiare entrambi interviene un terzo elemento, estraneo al loro amore, tuttavia così forte da condizionare lei e da gettare in carcere lui. Tra i due, l'ultimo riflesso dell'antico rapporto è rappresentato dallo sguardo di lei, che si è concessa al padrone in cambio di una sicurezza di vita e non riesce a nascondere al compagno la vergogna che prova. L'ultima strofa è la più struggente: con una serie di domande provocatorie, l'impiegato cerca di spingere l'amata a non lasciarsi scegliere, ma finalmente a scegliere lei. L'appello rimane sospeso a mezz'aria, e così si chiude la canzone, piccolo capolavoro che ci ricorda che il pericolo dei compromessi è sempre in agguato. [Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 89-90] |