[Questo brano, che apre l'album omonimo,] offre la chiave di lettura per tutte le canzoni dell'album stesso: da Ottocento fino a Monti di Mola bisognerà infatti tenere sempre presente che si sta parlando di nuvole e di loro sottoposti. È recitato da due donne sarde, una dalla voce anziana e l'altra giovanile.
"Ho scelto Lalla Pisano e Maria Mereu - dirà De André in un'intervista - perché le loro voci mi sembravano in grado di rappresentare bene la Madre Terra", quella, appunto, che vede continuamente passare le nuvole e rimane ad aspettare che piova. È messo subito in chiaro che "si mettono lì / tra noi e il cielo": se da una parte ci obbligano ad alzare lo sguardo per osservarle, dall'altra ci impediscono di vedere qualcosa di diverso o più alto di loro. Allora le nuvole diventano entità che decidono al di sopra di noi e cui noi dobbiamo sottostare, ma, pur condizionando la vita di tutti, sono fatte di niente, sono solo apparenza che ci passa sopra con indifferenza e noncuranza per nosta voglia di pioggia [...]. Il frinire iniziale delle cicale serve da cornice alla prima facciata (sarà ripreso anche al termine della stessa) e rappresenta le chiacchiere dei ricchi, dei potenti, delle nuvole. [Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 146] |