È un'ideale introduzione affidata ad un coro, degno di un canto gregoriano, che avrà un ruolo importante in molte canzoni, sostituendo il cantante anche in alcuni passaggi fondamentali e suggellando, inoltre, la fine del disco, dove la lode non è più rivolta a Dio, ma all'uomo.
[Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 63] La prima canzone [dell'album La buona novella, ndr] che l'autore propone è il "Laudate Hominum": un brano di soli ventuno secondi che precipità l'ascoltatore nell'album senza alcun prologo, senza prenderlo per mano, bensì aggrappandosi pesantemente a lui. La prima impressione che se ne ricava è di qualcosa di estreamamente cupo, una premessa in cui sembra di sprofondare dopo essere stati ancorati, un monito immediato che non dà tempo di replica o di disapprovazione. Non si può negare di rimanere un po' smarriti alla presenza di questa ouverture più consona ad un requiem che ad un'opera di musica leggera: voci maschili e femminili particolarmente gravi che in imperativo latino recitano: "Lodate Dio", quasi fosse un avvertimento, un mettere in guardia l'ascoltatore. La musica, essenziale e cupa, fa da tappeto alle voci e sembra scandire il passo dell'ascoltatore verso un abisso interiore e perciò più psicologico che reale: ma questa è solo una prima impressione ed è perciò suscettibile di rielaborazioni successive (...). [Riccardo Succi, Laudate Hominem. Uno studio "sacrilego" su "Labuona novella" di De André, Greco&Greco, 2004, pp. 28-29] |