La terra ti suscita
vibrazioni nel cuore: sei tu.
E se la gente sa che sai suonare,
suonare ti tocca, per tutta la vita.
Che cosa vedi, una messe di trifoglio?
O un largo prato tra te e il fiume?
Nella meliga è il vento; ti freghi le mani
perché i buoi saran pronti al mercato;
o ti accade di udire un fruscìo di gonnelle
come al Boschetto quando ballano le ragazze.
Per Cooney Potter una pila di polvere
o un vortice di foglie volevan dire siccità:
a me pareva fosse Sammy Testa-rossa
quando fa il passo sul motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare le mie terre,
- non parliamo di ingrandirle -
con la ridda di corni, fagotti e ottavini
che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa,
e il cigolìo di un mulino a vento - solo questo?
Mai una volta diedi mano all'aratro,
che qualcuno non si fermasse nella strada
e mi chiamasse per un ballo o una merenda.
Finii con le stesse terre,
finii con un violino* spaccato -
e un ridere rauco e ricordi,
e nemmeno un rimpianto.
[Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, traduzione di Fernanda Pivano]

* Questo è il solo caso in cui De André mantiene il titolo originale, ma al "violino" sostituisce un "flauto", molto probabilmente per ragioni sia metriche che eufoniche.


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Il suonatore Jones, descritto nell'omonima canzone, rappresenta la capacità di assumere su di sé, di rielaborare e trasfigurare i problemi e le angosce del proprio mondo, di riprendere e ribaltare di segno le prerogative degli altri personaggi. Mentre tutti in un vortice di polvere vedono solo un segno della siccità, Jones gode di un surplus di vedere, per cui coglie un segno fantastico e personale: "la gonna di Jenny / in un ballo di tanti anni fa" [...]. A differenza del giudice, vittima (del pregiudizio) e carnefice (del giudizio), accetta le aspettative della gente: gli tocca suonare per tutta la vita ma è un ruolo sociale che coincide con il suo modo d'essere. A Jones, infatti, piace lasciarsi ascoltare.
[E. Alberione, in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni]


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È l'unico personaggio che viene chiamato per nome, è l'unico che afferma di aver vissuto una vita lunga e serena, senza nemmeno un rimpianto. Il musicista mostra di saper vedere meglio dell'ottico i messaggi reconditi della realtà; di saper guarire, più del medico, gli animi di chi lo ascolta regalando un sorriso; sa trovare, a differenza del matto, un proprio efficace linguaggio per esprimersi; gusta appieno la vita, come il malato di cuore non ha potuto fare e, cosa più importante, sceglie la libertà o, meglio, sceglie di vederla anche quando non è scritta. E con la vita può essere spezzato anche quello che di materiale lo ha accompagnato: il suo strumento (il violino in Masters, il flauto in De André), perché comunque il suo segno resterà.
[Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 81]


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[A Il suonatore Jones] De André affida la conclusione e il messaggio del suo album: l'unico modo di dare senso ad un'esistenza che rivela la sua precarietà ideale è quello di essere disponibile alla vita, dedicandola alla ricerca di una libertà immateriale, nascosta là dove i pensieri e i gesti non sono protetti da nessun "filo spinato", ma si sviluppano nella condizione della possibilità infinita. Solo in questo modo la vita è lieve e pura, come un ballo in campagna, come un ricordo di giovinezza, una melodia di violino, mentre tutte le attività umane, così come anche i sentimenti, gli ideali, le relazioni, portano dolore e limitazioni, generano le commedie e i drammi su cui è intessuto il teatro di Spoon River.
[Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, Roma, 19993, pp. 154-155]