È una delle ballate più emblematiche del De André, per così dire, primordiale, una sorta di manifesto per i personaggi "fuori", cui si contrappone una volta di più la legge. L'incontro tra l'assassino e il pescatore avviene in maniera casuale e si consuma rapidamente, senza cerimonie e commenti, quasi nell'indifferenza; ma un'indifferenza di solidarietà e di sincerità che esulano dai comuni rapporti umani.
L'assassino si qualifica subito per quello che è e manifesta i propri bisogni primari senza cortesie o diplomazie. La reazione dell'interlocutore è sorprendente: esaudisce i desideri dell'assassino senza paura, senza far domande e senza far questione di principio, come fosse naturale aver a che fare con un omicida. Si riscoprono così le condizioni umane più semplici al di là di ogni convenzione e fanno capolino i ricordi dell'infanzia, dell'età dei giochi quando forse non c'era bisogno di trovare difese per far fronte al mondo. L'arrivo dei gendarmi, forse gli stessi che hanno impietosamente cacciato Bocca di rosa da Sant'Ilario, lascia impassibile il protagonista, che non si degna neppure di rispondere ed è già ripiombato nel suo sonno pomeridiano. La strofa finale coincide con quella iniziale e sta ad indicare un tempo non trascorso o comunque rimosso. Questa volta saranno i giustizieri a rimanere scornati perché non li si degna neppure di uno sguardo o di una risposta. Resta solo la specie di sorriso con cui il pescatore guarda sornione al mondo con l'aria di chi sa come.
La struttura musicale è molto semplice: tre accordi su tutto il brano, una linea melodica senza virtuosismi che percorre quasi tutti i gradi della scala della tonalità d'impianto e un interessante gioco di chitarre, due acustiche in funzione di accompagnamento e una elettrica che risponde alla voce della strofa. Le strofe sono separate da una frase musicale fischiata, a lasciare un momento di respiro alla narrazione.
Ci sarà da sorprendersi una decina d'anni più tardi con la versione live di questo brano per gli stravolgimenti strumentali creati dall'arrangiamento della P.F.M.
[Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 61-62]


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Ne Il pescatore il gesto di umana solidarietà assume connotazioni evangeliche (“ma versò il vino, spezzò il pane / per chi diceva ho sete, ho fame”).
[F. De Giorgi, in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, 1997, p. 76]


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Dietro l’enigmatico pescatore che versa il vino e spezza il pane è celata la figura di Cristo.
[D. Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Editori Associati, 19993, p. 104]


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[Un] motivo di totale avversione al mondo di Fabrizio l'ho individuato nella lettura del testo de Il pescatore. ne siassumo la trama: un assassino, come lui stesso si definisce, chiede da bere e da mangiare ad un pescatore, il quale sollecitamente provvede senza nulla obiettare. Il mascolzone si allontana. Da lì a poco copaiono due gendarmi a cavallo che complitamente, senza violenza o minacce, chiedono al pescatore se per caso avesse visto passare di lì un assassino. Il pescatore si finge addormentato per non rispondere, e l'ombra di un sorriso gli taglia il volto: ancora una volta in culo ai gendarmi, noi anarchici! Cosa ci importa di sapere quante persone e per quali motivi più o meno ignobili, comunque ingiustificabili, un uomo abbiaucciso? Quello che è certo è che anche se ha appena sventrtato una bambina non sarà mai così infame come le guardie... almeno agli occhi del pescatore e, devo presumere, di De André! Che strana concezione dell'anarchia è mai questa?
Non dobbiamo mai scordare che l'assenza di comandi presuppone la capacità di autogovernarsi. Siamo quindi alla legalità pi§rigorosa che ci sia, basata sull'onestà più completa, altro che caos e disordine morale. Anarchia non ha mai voluto direlicenza. Già, ma chi lo spiega ai ragazzi che adorano Faber acriticamente? Gli insegnanti, che non si sono ancora accortiche bomba stanno maneggiando?
Ora, finché sitratta di opinioni personali, la cosa è grave solo per chi le ha pensate, ma il problema ormai travalica i confini della libertà di pensiero, dal momento in cui a Fabrizio vengono intitolate scuole e in molti licei è divenuto materia complementare distudio, come d'altronde Guccini e Vecchioni, finendo per assumere agli occhi di tanti giovani la figura di guru carismatico
[Bruno Lauzi, Tanto domani mi sveglio, Gammarò Editori, Sestri Levante 2006, pp. 82-83]


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Nel Pescatore il potere non c'è: è occultato (i gendarmi son soltanto intermediari). La favola è giocata tutta sul silenzio magnetico del vecchio, che nella vita le ha già viste tutte e tutto sa. Qui sta il senso forte di Fabrizio: non il perdono, che a poco serve, ma la giustificazione; un cenno d'intesa fra due viaggiatori che s'incrociano per caso in una storia grande e inspiegabile: pescatore e assassino. Il primo non dirà mai dov'è andato il secondo, ma non mentirà neppure: fingerà di dormire.
[Roberto Vecchioni, in Volammo davvero (a cura di Elena Valdini", RCS Libri, Milano 2007, p. 157. Il testo riprende una lezione su De André, tenuta dal professor Vecchioni in diverse università italiane.]