D’ä mê riva continua la navigazione, perché, da buoni marinari, noi non possiamo fermarci a lungo in un porto; così, dopo aver visitato la casa di Andrea, il mercato del pesce, Sidone e aver assistito alla processione della Domenica, dobbiamo riprendere il largo, e salutare la nostra donna che ci ha preparato la valigia con dentro "tre camicie di velluto / due coperte e il mandolino / e un calamaio di legno duro".
[Matteo Borsani – Luca Maciacchini, Anima salva, Tre Lune, Mantova, 1999, p. 141] Un marinaio, che sta per iniziare un nuovo lungo viaggio, con un triste canto d'addio saluta l'innamorata che lo guarda dal molo, contemplando anche la città: Genova, ovviamente. Il pezzo idealmente chiude il tema dell'eterno peregrinare dei marinai, che De André apre al principio del disco con la magica title track. Alla fine pure questo risulta un brano struggente perché s'arricchisce di lirismo e malinconie, quasi facendo passare in secondo piano una musica essenziale eseguita dalla sola chitarra (la cosiddetta chitarra soprano o ottava, piccola e mandolinesca, suonata dallo stesso Fabrizio), mentre il vocalismo deandreano appare quasi commosso (e commovente). Un'altra chiave di lettura riguarda il coté autobiografico, con le due rive (sarda e ligure) e il baule forse preparato dalla madre Luisa. Fondamentale è infine l'adozione dell'antica koiné genovese, poiché "le lingue nazionali - come l'autore nato a Pegli conferma e ribadisce - al confronto con quelle dialettali sono morte, non si rinnovano e non si modificano. Per questo uso spesso il dialetto: è una rivincita". [Guido Michelone, Fabrizio De André. La storia dietro ogni canzone, Barbera, 2011, pp. 46-47] |