• La Canzone del padre è un sogno in continuità con quello precedente (cioè il Sogno numero due) e si apre con l'impiegato che, all'interno delle dinamiche del potere, prende il posto di suo padre, ucciso al ballo mascherato. Il sistema dunque continua, l'impiegato ha il suo posto e sa benissimo che potrà comandare quelli sotto di lui (le barche più piccole), ma che non dovrà interferire con quelli al di sopra (le barche più grandi).
    Comincia così una nuova vita, tesa a proteggere la propria integrità, quella della famiglia e del denaro, ma ci si accorge subito che qualcosa non va: una lavandaia è schiacciata dall'avanzare del progresso e viene seppellita in un cimitero di lavatrici; suo figlio scappa per la paura di venire trasformato in una macchina. Tutto ciò, per chi comanda, ha poca importanza: si provvede a dichiararlo morto arrugginito, per dimenticarlo più velocemente.
    Nonostante il cambiamento anche all'impiegato le cose non vanno bene: l'alienazione ha già contagiato la moglie, che sente sempre meno sua, finché il suo amore viene barattato da un altro uomo per un passaporto e una valigia di ciondoli. Anche il figlio minore ne rimane vittima e, per la mancanza di attenzione, perde la voglia di vivere e di guadagnarsi una posizione.
    Allora, improvvisamente, l'impiegato si rende conto di essere un fallito, diventa consapevole che non si può sfuggire all'individualismo. Il letto nel quale sta dormendo prende fuoco e il sogno si tramuta in incubo. Si scaglia contro il giudice: "vostro onore sei un figlio di troia"; si sveglia di colpo e acquista la consapevolezza di ciò che deve fare recuperando anche la voglia di sovvertire l'ordine. La canzone si chiude con una promessa che sembra una minaccia: "ora aspettami fuori dal sogno, ci vedremo davvero, io ricomincio da capo".
    [Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 87-88]