In questa dolcissima canzone, che è un vero e proprio inno alla maternità, "Maria diventa l'emblema di tutte le donne (di tutte le madri), che De André comprende e insieme compiange" (L. Nissim: in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, Milano 1997, p. 126), perché - nota De André - la maternità continua dopo il parto e dura in fondo, seppur sotto forme diverse, per tutta la vita ("femmine un giorno e poi madri per sempre").
Vi è qui una visione tutta umana e terrena della Vergine; ma tale "riduzione" può essere anche letta al contrario: l'assimilazione di Maria agli umani equivale al loro innalzamento verso un senso e un valore che trascendono la pura dimensione terrena. Anche se De André, in molte delle sue canzoni, sembra (ed è, in fondo) ancorato alla quotidianità, non bisogna dimenticare che una volta, parlando di suo padre durante un'intervista (trasmessa in replica il 16 gennaio 1999 su Rai Due), ebbe a dichiarare: "In questo momento siamo di nuovo al sogno, al desiderio irrealizzabile, all'utopia. Ma sicuramente, in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, [vorrei] reincontrare mio padre". In De André vi è dunque un sentimento religioso, ma vissuto - se così si può dire - in modo anarchico, fuori dagli schemi di ogni religione positiva; un sentimento in cui umano e divino si compenetrano, senza però identificarsi (non per nulla, per le possibilità metafisiche, De André parla di "utopia"). Il livello retorico presenta due semplici metafore: siepe di sguardi (v. 3) e stagione (vv. 4, 8, 14). ASPETTI METRICI Il testo è costituito di tre strofe: due quartine e una sestina (ma anche quest'ultima è in pratica una quartina, con ripresa melodica - ma significativa variazione semantica - dei vv. 11-12). I versi sono prevalentemente endecasillabi (anche i vv. 4 e 12, se in entrambi i casi, fra i due emistichi, consideriamo una dialefe un po' forzata); solo i vv. 6 e 14 sono dodecasillabi. Abile e vario è il gioco delle rime. Notiamo innanzi tutto che rimano tra loro il primo e l'ultimo verso (gente / sente), in assonanza tonica col penultimo (sempre). In assonanza tonica sono poi i vv. 2, 3 e 4. Vi è rima fra i vv. 6-8. Irrelati restano i vv. 5, 7, 9 e 11 (ma quest'ultimo è in assonanza tonica col v. 2). I violini prima, una fuga per organo a canne e un soave coro femminile poi, colorano in modo sublime la leggera dolcezza della poesia su di una melodia delicata. (...) Un inno alla maternità. [G. Baldazzi - L. Clarotti - A. Rocco: I nostri cantautori, Thema editore, 1990, p. 112] Maria diventa l’emblema di tutte le donne (di tutte le madri), che De André comprende e insieme compiange. [L. Nissim, in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, 1997, p. 126] |