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          Spenta nei balsami antichi
          Mi levo la notte, cammino inarcata
          Spandendo dei gesti insensati
          Per i corridoi illuminati
    5    La sala grandissima incendia la vista
          Alle balaustre, distratta
          Poggiando le dita su nervi di pietra
          Sollevo i rumori del sonno
          Tra gocce, cristalli, tra specchi
    10  Il gallo presenta il suo viatico
          L'odore del latte si aggiunge all'aurora
          Fantasma dell'ultima ora;
          So quali parole mi han scritto,
          So della pienezza del cielo
    15  I passi già conto e m'avvolgo nell'aria
          Spruzzata di zucchero a velo
          Già dalle cucine si muove trionfante
          L'ignoto coi suoi camerieri
          Portando alla mente gli enigmi, la posta
    20  del gioco, le feste di ieri.
    
    
    NOTA
    È l'unica cosa scritta nel 1985. Ha una genesi curiosa. Mi trovavo a cercare casa di un'amica, ed entrai nel portone sbagliato, in via degli Alfani, a Firenze. C'era una scala circolare. Nello scenderla di corsa, ebbi un giramento di testa. Chissà come fu che m'immaginai all'improvviso di essere una dama del XVIII secolo; autenticamente, per un momento, mi sentii tale. Mi misi a sedere su un gradino con le parole già scritte in testa, in pochi secondi. L'originale di Cortigiana è scritto su un biglietto ferroviario: non avevo altro. Ero, probabilmente, nel periodo più buio del Tappo. Assumere altre identità era per me, allora, questione d'ogni giorno.


    19 giugno 1985


    ["cosa" (o "bischerata" che dir si voglia) tratta da Eppure m'è impossibile tacere]