La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove...
Dante Alighieri
L'io parlante non è Hànto, ovvero me medesima, ma «qualcosa» proveniente da un'altra dimensione o dall'Aldilà o da ciò che vuoi,
che si rivolge a me, a te, alla Terra, all'uomo (il termine uomo designa anche la collettività umana).
Anatre bianche
colture aride
balzi sul lago
mani di cera
cuori trafitti
macchine scure
La Terra piange
Parlale... amore...
Parla del Padre
digli che vede
i tentativi dell’uomo solo
Digli che in fondo «l’evoluzione»
non può negare passi del cuore
Il cuore intanto protesta e dice:
“Fatemi fare balzi veloci
Qui non ci trovo neanche il sollievo
Se sono nato
qual è il motivo?
Ditemi
Padre
quale messaggio
devo portare all’uomo in grucce
Ditemi in fretta come salvarlo
quella tempesta sta per sconvolgerlo
Dite... vi prego... quale solenne
preghiera alata devo insegnargli
Qui crolla tutto
vedo i palazzi
vedo gendarmi
uomini stolti
Non posso adesso neanche provarci?
Voi mi negate
tutto?
L’aiuto?
Ma dunque... Tu
che cosa hai fatto?
Mistero?
Allora
mi prostro subito”
* * *
Una colonna di fumo nero
sembra coprire la Cattedrale
I bianchi corvi volano in alto
per sentenziare
non per lodare
Lodare l’uomo non serve a niente
Sta divorando anche il suo seme
Si sta mangiando tutta la Terra
Gridalo
uomo
non stare fermo
I laghi chiari sono sporcati
da quello sterco fatto dai massi
Anche nell’aria dove danzavo
vedo le macchie del grave danno
Siete in ginocchio
le suore sbronze
parlano al Padre
ma senza UN NOME
Tu lo conosci
quello è la chiave
per penetrare nel modo giusto
* * *
Non ricordando quale emisfero
sembra più adatto per il tuo guado
tutti riuniti col grande Capo
si sono alzati per protestare
Ma quale NOME?
Non lo conosce!
Ditegli in sogno
che si pronuncia
muovendo (poco)
le labbra a cuore
e pronunciando
sillabe uguali
Ditele ancora con quanto fiato
e quanti toni deve guidare
Ditele sette
ditele otto
purché quel NOME
sia conosciuto
* * *
Se nella Terra non coltivate
piante di zucchero
nel sacro prese
non credo proprio che sia possibile
salvare il gregge da quel disastro
Mi sembri incredulo
ma sta tornando
la peste
l’uomo
per il castigo
Fu detto... amore...
Fu ripetuto…
se il gregge sbanda
entra nel prato
Parla del Padre
Parla del NOME
Sai pronunciarlo
non puoi negarlo
Niente!
Le cattedre?
Neanche gli onori!
Continua... terra...
coi nostri suoni
Saranno caldi
saranno giusti
niente mercede
dati per tutti
Tu puoi salire
ma sappi
cuore
che il dispiacere
sarà sfruttato
Preso a sassate
con gli sberleffi
non ti angustiare
solleva il capo
Guarda negli occhi
il colpo inferto
E’ solo stolto
dagli un conforto
* * *
Non può salire chi ride troppo
mentre la Terra piange a dirotto
e lo sai... uomo... non puoi giurare
ché il nostro credo non lo concede
Ma ci conosci
Sai che il sentiero
coi grandi sassi ti si antepone
Perciò nel lusso non ci puoi stare
Devi lottare contro quel drago
* * *
Nelle mie mani fatte di zucchero
è sceso un pianto che non è lugubre
E’ sceso un sogno più dispiaciuto
del salto quintuplo che fu predetto
E’ sceso il carro senza asfodeli
Non sono neri
sono lavati
da un maggiordomo
che in mezzo ai fiori
sa ritrovare l’acqua e gli umori
* * *
Guardo e non so
neanche capisco
come una accanto
tu possa avere
Guardo però
nel bianco altare
Vedo protendersi
il cuore da amare
Non dico altro
non son tornato
fui generoso
ma fui cacciato
Anche potendo dare quel Sole
non posso
il pianto
più sopportare
* * *
I rododendri con molta lena
fecero il bagno nel lago strano
Non fu loquace neanche l’oracolo
Non disse niente
fu perspicace
Trovando il seme nel tuo granaio
spiegò l’anelito che turba il sonno
Trovando il fante già coricato
non lo coprì
ché era in ritardo
* * *
L’impegno preso
mai adempiuto
è scritto in alto
nel fuoco sacro
L’impegno audace
di un bruco stanco
può sollevarsi
contro il tiranno
Parole astruse
poco lucenti
sembrano sassi per i perdenti
Invece il suono vi deve dare
quel nutrimento per intuire
* * *
Se non ritieni
uomo speciale
di avere in mano potere nudo
forse non serve neanche parlare
di un tuono alato che vuol colpire
In questa Terra
bagni nel sole
fanno la pelle come le piaghe
In questa Terra
solo un sovrano
può sentenziare senza sbagliare
Nei testi sacri ci puoi trovare
messaggi e verbi per calcolare
ma non vi basta
non sai che l’uomo
li scrisse senza le braccia salde?
Non sai che l’occhio moltiplicato
non esisteva nel corpo atavico?
Come una palla senza capelli
saltava e basta
neanche parlava
E nella bocca
strano orifizio
non c’era suono
solo un barlume
poi con la carne
discese in basso
la lunga scala risale adesso
Ora vi guardo
«l’evoluzione»
ha un tono basso in quel sermone
Sono potenti le altre parole
servono meglio per disquisire
Basta quel NOME
ve l’ho già detto
Ora sorridi
tu sei un portento
Basta cercare
chiederlo al Sole
Mai fu negato
se per salvare
* * *
Su rupi vergini scende quel Sole
non sa trovare l’uomo da amare
Non sa notare
Lui
forestiero
qual è la gamba da trasformare
Non sa trovare neanche quel cuore
fu segnalato dall’emisfero
ma nella selva troppo rumore…
lui desistette
discese il Padre
Con una corda fatta di abbracci
volle legarlo con i suoi lacci
ma rifiutava
gli occhi bendati
La selva dunque
ne approfittava
Nel fatto adesso posso indicare
quale tragedia vi ruppe il cuore
quale misfatto fu organizzato
per non lasciarvi…
Sangue del bruto!
Sangue sbagliato
preda veloce
saltò d’un tratto…
LUI se ne accorse
Non fece in tempo neanche a segnarlo
Fu molto forte
scappò e fu salvo
Nella mia storia metto un messaggio
sia la tua targa nel gregge stanco
sia come un bacio
come un regalo
Che posso dire?
L’ha dato il Cielo
Ora comprendi quale nascosto
tragitto scelto fu preparato?
Sembrano gruppi
sono gli amici
ma quante volte non sono saggi
* * *
Contrade lunghe senza orizzonti
colgono al volo patemi lugubri
Forse non piange neanche il soldato
ché vede in tutto l’orma del Padre
Perché parlare?
Perché gridare?
Non serve a niente
se il piede è zoppo
Se incespicando non vede il fosso
prova... ma bada!
Sia pronto
il laccio
Quel bruto avanza
pronto a colpire
chi frettoloso
cammina male
Se tu vedessi balzi grotteschi
non stupiresti
ma ti armeresti
* * *
Se l’uomo stanco pieno di rami
non si protende verso quel lago...
che posso farci?
Pianga suo Padre
Senza le foglie non può salire
Non posso ancora perdere tempo
Suolo che asfissia
Sono un arcangelo
Sono diverso
e adesso piangi
ma se rinunci
io non rimango
Chiamo il cocchiere
Sono occasioni
che porgo in fretta
senza gli onori
Se il cuore arretra
ma non lo vedi?
Che posso farci?
Guardati i piedi
Nel tuo cammino ora sei monco
non mi raggiungi
piangi e mi supplichi
Ti avevo detto
caro terrestre
di fare in fretta
Sei forse stolto?
Sei stato attento?
L’hai fronteggiato?
Saggio?
Protervo?
Ma ti voleva…
Si fece in quattro
quei masnadieri
lanciò nel campo con dardi neri
E noi reagimmo col fuoco sacro
ma dimmi
uomo
cosa pensasti?
Cosa dicesti?
Sangue del bruto?
Te lo ripeto:
“Si fece in quattro”
* * *
Non ho mai detto
te lo confesso
che farsi in quattro lo rende forte
Non ho mai detto che vince sempre
Lo fronteggiamo
se Lui acconsente
Fatti quei passi
noi vi diciamo
di esser guardinghi nel verde prato
Sono asfodeli
Sono truccati
Col piede destro
tocca quei sassi
Tocca la neve
guarda gli uccelli
Le ali vi parlano
sono fratelli
Non fate niente per contrastarli
ché i corpicini sono indigesti
* * *
Lampi nel cielo
suoni assordanti
fiamme veloci
mani coi guanti
cattedre ambite
studi speciali
sogni da dare
baci di sole
Ora la sintesi
Viene il rimbrotto
Scende la voce
Ecco il messaggio
Niente più verbi
Niente parole
Torna da solo
non ti angustiare
Guarda nel cuore
Gli intellettuali
non sanno dire cose del cielo
Tu sei già pronto
forse un po’ ardito
ma nella reggia molto seguito
* * *
Nella mia cesta fatta di stelle
ci ho messo rami
nel prato scelti
Nella mantella che mi protegge
sono incollate mani di ancelle
Nei piedi alati
fatti di vento
sono spuntati quegli indirizzi
Nelle mie mani
senza le dita
sono poggiate storie mai scritte
* * *
Scendo la sera
nel tuo giaciglio
Vedo sconforto
lacrime amare
Sei contrariato
Verbi di sciocchi
Concetti labili
Sermoni stupidi
Non sanno neanche nomi di regni
Quale sovrano
qual luogo strano
Mi sanno dire
gli intellettuali
solo le forme senza intuire
Nei miei registri sono annotate
disquisizioni
lunghi discorsi
Non posso dirti che approderanno
nel mio mistero imperscrutabile
Se posso adesso fare il severo
tu li seguisti preso dal branco
Fu detto
pensaci
fu detto
guardami
“Luogo lontano da chi non vede”
Solo i sentieri mi sanno dire
per quante volte sei stato accorto
Conto i macigni
vedo ferite
ma sono aperte
neanche guarite?
* * *
Cuore turbato
nell’arcipelago
vedo le navi pronte a salpare
Vedo al timone ciò che aspettavi
Perché ora piangi coi prediletti?
Negli orizzonti pieni di falde
sono seduti gli elfi e le fate
Loro applaudivano mentre nel forno
mettevi carne per indorarli
Era un cammino
non lo approvavo
ma i grandi capi non mi ascoltavano
Volevo sole
volevo stelle
Niente
nel pozzo
Solo le ancelle
Tu fosti scelto
ma nella Terra
gli avvenimenti erano in fila
Reincarnazioni troppo noiose
Volevo in fretta prenderti in braccio
Ma son contento
se ti ho aspettato
vuol dire
uomo
che non potevo
cambiare i cicli
muover proteste
ché il trono avrebbe tonato contro
Permetti un ballo?
Porto il violino
porto un tappeto fatto di stelle
e al musicista che viene in pista
dico di dare la nota giusta
Mentre ti guardo
cuore speciale
sembri leggero
sembri insolubile
come sostanza deteriorabile
là vi vedevo
lotta terribile
Per questo il Padre disapprovavo
“Manda una dama, fallo rubare”
Fu sentenziato l’altro percorso
Non fui ascoltato
ma ora intuisco
Ora ti dico che anche quel sale
fu grande medico nel tuo giaciglio
Ora ho parlato forse un po’ troppo
forse toccando ferite aperte
Ma non rispondi
tu sei prostrato
dunque nel ballo non sei cambiato?
Rispondi
Parla
Tu l’hai intuito
Perciò sorridi?
Musetto discolo!
* * *
Guardami... uomo... stai ascoltando?
Vi sto parlando di alte emozioni
Nei tuoi sermoni sono diverse
Incespicanti... molto complesse
Così è la mano
Così l’incedere
ma serve adesso disimparare
Le biblioteche del vostro campo
sono solerti
però in letargo
Ora vi dico che anche nel seme
c’è un Libro sacro disconosciuto
Leggilo ancora
non perder tempo
con gli argomenti scelti dal branco
Non disconosco nel pozzo antico
quale funzione gli fu attribuita
ma posso
uomo
ché sei cresciuto
dirvi che in fondo non ti servivano
Nel mare immenso le bianche pietre
son galleggianti sotto le stelle
Fanno un connubio per il convivio
Tu sei invitato
Mi ascolti, bruco?
* * *
DOLCI CHITARRE MANTENGONO ALTI
GLI UMORI E IL RESTO
NEI CAMPI SEGNATI
ORA LA MERCE NON VIAGGIA SICURA
MA NELL'ALTURA C'E' UN MITRA SPIANATO
* * *
Manti di rose non sono capricci
Fogli di carne non sono veraci
Mandorle chiuse non si aprono
amore
se il cuore tace e bestemmie rivuole
* * *
Soltanto un capo saprebbe spiegare
e ti arrovelli mostrando anche il fiele
per fatti andati
crudeli tragitti
Noi ripetiamo:
“Fu giusto, capisci?"
* * *
La sera scende
promette
poi sbaglia...
dopo ci lascia
quel gregge che sbanda
Lunghi sbadigli
noi siamo un po’ incerti
Su... cuore triste...
risveglia i tuoi sensi
Parlaci ancora di antiche battaglie
Ricorda ancora che il vile baratto
ti fece immondo
ti fece capace
di trafugare tesori speciali
Parlaci ancora di un uomo assai truce
e di un artiglio più ottuso di un ferro
Prova a spiegare qual gusto terribile
ti ritrovasti nel sogno indelebile
Porgi le mani ma senza mentire
Dammi la bocca con fili d’amore
Sappi cantare la nenia dei bimbi
Non esser triste
rimangia i miei semi
Dammi l’ardore di uomo rinato
Nel lago nero da gnomi protetto
Dammi la scure che fece il disastro
La spezzo e adesso
terrestre
ti bacio
Bacio la fronte e mi accorgo commosso
che molte piaghe di nuovo ritrovo
Bacio la guancia più rossa del solito
E’ stato un graffio
conosco quel male
Guardo stanotte quei morsi di sangue
Non fosti padre
ma sappi che vissero
Bocche affamate che ti hanno ferito
con urla bioniche
di terra vestite
Ora il bilancio non è dei migliori
se ti lamenti ed ancora ci ignori
Sta scritto in alto
nel Libro fedele
che il bruto aveva
di agire
il dovere
E non stupire
conosci già tutto
ora il tuo broncio è perfino inadatto
Sulle ginocchia ti impunti con rabbia
ma tu sei saggio
brucasti nell’erba
Anche nei fogli
l’hai detto iersera
Tutto descritto
minuscole ore
per questo il dito puntiamo sul fatto
sarà crudele
ma è stato guidato
* * *
Non è un servigio
non è altolocato
non è di mare
non è bieco aratro
E’ solamente un pastore errabondo
che cucinava quei pasti e le fionde
* * *
Noi siamo ermetici
sul serio diciamo
parole sante che in basso ignorate
ma se nel volgo vuoi starci
e spiegare
interloquire col sacro è un dovere
* * *
Ma con le madri
coi fazzoletti
non posso neanche lavare i vestiti
Son circospetti quei voli sui tetti
Non basta il cuore
la fine dei gesti
Non basta il seme di un uomo cambiato
Moti sbagliati
nel campo funesti
Non basta avere le mensole chiare
Tergiversare scompiglia il sermone
* * *
Guarda quei fanti
non furono scelti
come padroni
di fruste muniti
Guardali adesso
ché sono i tuoi lampi
Giunge l’araldo a spiegare gli affanni
Vuole assopire i tuoi sensi accaldati
Vuole morire sciogliendo i peccati
Vuole provare
Rispondi... bel cuore...
Non vuoi lasciargli anche un frutto col sale?
Può riprodurre su cerchi concentrici
figure umane con grandi presagi
Con i diamanti portati dai venti
può cucinare le voglie dei santi
Può dire molto
la storia e la fisica
farle di nuovo
le scienze perfette
Sono soltanto concetti già monchi
quelli che il gregge ripete
son stanchi
Se le materie studiate nei banchi
fossero dette col metro sapiente
molti dottori sarebbero avanti
col mite volgo che avanza studiandoli
Rispetto al volgo c’è un baldo guerriero
col sangue sparso
dell'uomo che sale
e non poteva vedersi anche l’esito
della battaglia che volle anche ucciderlo
Quello fremeva
non vuol rinunciare
al pasto caldo coi vermi trafitti
Quello ci prova!
Balordo sciupato
Rimane in alto per pura mercede
Col fuoco sacro l’abbiamo colpito
mentre la carne gridava ferita
e con un balzo stupito e potente
quasi distrusse la forza del santo
Ma nei cipressi tu c’eri già stato
Non camminavi su gomme sgonfiate
Nella cisterna ci avevi buttato
grembiuli sporchi coperti di fango
E nelle mandorle bianche del cielo
non c’era dentro né il lusso né l’oro
Troppa baldanza
rifiuta il tuo regno
Chi non avanza
non merita il pegno
Chi non volesse capire il sermone
fatto di sangue
di lacrime amare
non è un soldato che merita pregi
Ritorna indietro
nel campo dei piccoli
* * *
Mitra spianati
Proiettili prendi
Se riarmi i denti
l’avorio reclama
Sostanza pura di bocche segnate
non può approvare movenze macchiate
Può solamente sognare coi fanti
ché tutto il senno riveda gli eventi
ma sono spenti
son puri cristalli
come gli anemoni
cuori sfiniti
* * *
Voli notturni su teste bendate
La guerra giunge
l’ha vista chi ama
Rivela adesso soltanto la trama
Solo prudenza
ché il popolo trema
La gente in fasce purtroppo si riarma
Quintuple marce nei cieli sereni
Scendono in gruppo
ché sentono i tuoni
Col predominio si sono incontrati
* * *
Forse per tema
per puro ardimento
rivedo il guscio
Nel nulla fu spento
Quel tentativo fu fatto più volte
dal dito audace coperto di fasce
Forse la dama poteva riuscirci
Nel centro cosmico
la mano felice
Son stati balzi di un popolo inerme
che non voleva cadere nel fango
Ma quella stella cometa
pregata
non disse nulla per fare più in fretta
Nei vari cicli descritti
terrestre
vedo i tuoi occhi brillare stupiti
* * *
Musi più turgidi
corpi segnati
dal lampo incredulo che bagna i fuggiaschi
Bagna la mano di un cuore ferito
che fu redento dal cielo commosso
Bagna... la pioggia...
la mandorla chiusa
che protestava per essere presa
Bagna nel volgo lo stupido cuore
Sale la voglia di avere quell’oro
Sale col manto di grande sovrano
un uomo alato che volle provarci
Fu torturato dal volgo nei campi
per rivelare le formule audaci
* * *
Nei solchi adesso
di fango coperti
non vedo luce
non vedo diamanti
Vedo la coltre
si arrampica salda
e come l’edera
appare spavalda
Vedo una mano con sette porzioni
scendere piano fra i grandi predoni
Vedo che sceglie le primule amare
per il ristoro del corpo ancestrale
Vedo anche un cuore chiamato per nome
che non risponde a quel suono che freme
Fu battezzato catrame del suolo
Non vide subito la marcia nuziale
Ora le trombe di nuovo vestite
sono già pronte col giusto diadema
Furono grida
frustate feroci
ma resistette
adesso è dei nostri!
* * *
PER UN PUERILE ACCATTONAGGIO DI FERMENTI
TROVO ANCHE SASSI NELLA STRADA DEI PERDENTI
PER QUESTA VITA CON LE SPADE ACUMINATE
VEDO DI NUOVO QUEI VALORI SUPERATI
PER ALTRA NEVE CHE DISCENDE LENTAMENTE
HAN FATTO MURI CHE TRATTENGONO LE ACQUE
PER QUESTO NOME CHE CREDEVI ALTOLOCATO
STAI RIMPIANGENDO L'ALTRO CICLO
* * *
Ora col suono non mi posso avvicinare
Col manto scuro posso ancora regredire
Ti devo dire
mio soldato che si impenna
che molte danze mi ricordano la Gehenna
Non posso neanche elucubrare nella stanza
Provare gioia mentre il male sopravanza
Vorrei soltanto rivelare che vi amo
Il sole porgo
in questo sito abbandonato
E con parole voglio darvi sacri unguenti
che sempre porgo ai bravi sudditi splendenti
Ecco... terrestre...
prendi pure la boccetta
E’ assai speciale
Dopo
uomo
la promessa
* * *
Sono quegli Astri ben lontani dalla Terra
Sono gli amori
ne vorreste fare incetta
Sono le voglie che vi attaccano
padrone
di un grande solco che fu fatto per tornare
Gli avvenimenti sono stati un po’ cambiati
da chi la fede ha riguardato senza lenti
e nei puntini
in quelle virgole piegate
c’è molto Verbo
ma i sapienti son distratti
* * *
Nelle serate ripetute con la noia
c’è un archibugio che si approssima indolente
Un grande mare che sconvolge il continente
Un giglio bianco che la nube tien distante
* * *
In questo largo panorama che descrivo
ci metto un Verbo
qualche cosa di non detto
Non posso avere la prestanza
le parole
per dire meglio quale fatto vuole
il male
Non posso neanche accomodarmi sulla sedia
della tua camera di uomo che si adegua
Anche il respiro che talvolta chiami fiato
non lo possiedo…
Son diverso
son cambiato
* * *
Fra quelle nuvole che usate per la pioggia
ci sono luoghi altolocati e sconosciuti
e nei pianeti che vi sembrano assai spogli
popolazioni di ogni genere vi osservano
I microscopi che mettete sopra gli occhi
non son puliti con le stoffe dei maestri
e le parole che scrivete in molti saggi
sono puerili
non rivelano i motivi
Le vostre scienze sono dotte
rispettabili
Le nostre invece sconosciute e maltrattate
ma è tutto giusto in questo campo disegnato
fu calibrato il passo
l’uomo
e tutto il resto
Parlo con calma per non farti impensierire...
per non costringerti
la scienza
a contestare
Molto rispetto
terra
vedo nei tuoi occhi
per questo adesso dico bene i miei concetti
Per questo parlo delle nuvole descritte
Conosco i fanti
poi più su
quei troni alati
C’è una bilancia
so che qui la chiami fretta
che mi sollecita da ieri preoccupata
Chi sa?
Domani... con il corpo trasformato
mi parlerai dei lunghi viaggi misteriosi
Non sono astrusi
complicati e inesistenti
Fosti una piuma
In altri luoghi li provasti
* * *
I sodalizi ti rinfranchino... terrestre...
I matrimoni con le lunghe processioni
Le ardite marce nei sentieri che anteponi
alla scalata cominciata proprio ieri
Il sogno avanza
e la tua essenza non protesta
Con questo spirito si nutre
e lo sopporta
Guarda che il vento non è stato menzognero
quando diceva:
“Stai soffrendo, ma c’è il sole”
Tu non potresti mai vedere qual disastro
fu necessario ordire
darvi quell’inciampo
Tu non potresti mai resistere
terrestre
se descrivessi quanti intralci già in sordina
Però son certo di una cosa
- dolce brina -
tu sei tenace
con la spada e con la luna
Guardo e sorrido quando vedo la tua lena
fissare il male che indietreggia a testa china
* * *
Ci sono storie
avvenimenti spaventosi
tragitti
corse che le genti non conoscono
Se rivelassi quei ritratti nel percorso
tu moriresti di terrore insieme al volgo
Se tu sapessi quante trame
quanti blocchi
spingono l’uomo
ché sui sassi si inginocchi
forse diresti con le mani assai congiunte:
“Ma dunque il Padre non voleva tutto questo!”
So... uomo dolce... che la selva disconosce
l’amor paterno rapportato a quei disastri
e non capisce nella Terra consumata
perch’egli
ignaro
lascia i folli a scorticarla
Se tu sapessi qual percorso
quale sito
non punteresti neanche adesso il tuo bel dito
ma chineresti anche la testa con rispetto
e nei giudizi metteresti il verbo giusto
Ed anche i capi
nel mentire
nell’agire
non fanno niente per segnare ciò che dico
per ciò quel volgo non rinasce dal letargo
e tutto cade
ti assicuro
cade e morde
Ora mi sono finalmente dilungato
Son stato chiaro?
Sei persuaso dal concetto?
Vedo che il lampo fa un segnale che mi spetta
Devo tornare
mi allontano molto in fretta
Ti bacio in fronte
come sempre redarguisco
l'ira funesta
la vendetta
l’astio immondo
Vedo che il cuore più non palpita con rabbia
Vedo che il mento è rilassato
non protesta
Vado... terrestre...
Dammi un bacio
fallo in fretta
Sento che arriva il messaggero che mi aspetta
Non posso stare col «pericolo» che avanza
Se rimanessi
sarei molle
senza forza
Adesso torno
non scordare la mia cena
Fammi un saluto
La tua mano non mi frena
La stringo ancora
ma la lacrima è regina?
Cosa vuoi dirmi?
Ti spaventa la fucina?
[Lirica di proprietà dell'autrice]
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