METRO
Versi liberi raggruppati in un'unica strofa.
COMMENTO
Milano fu colpita nell'agosto del 1943 da un terribile bombardamento aereo, che rase al suolo interi quartieri della città. In questa poesia, nella quale Quasimodo predilige versi lineari e dal significato immediato ai versi ermetici dei testi precedenti, uno scenario di distruzione e di morte, di frone al quale tutto è inutile: non serve scavare tra le macerie alla ricerca di qualche superstite, scavare pozzi per trovare acqua, seppellire i morti sfigurati dalle bombe. Anche l'usignolo, che simboleggia la natura, ha cessato di esistere in una città devastata.
FIGURE RETORICHE
A livello retorico possiamo segnalare una sineddoche (vv.: "polvere"), una metonimia (v. 2: "povera mano", una personificazione (vv. 2 e 11: "la città è morta"), una una metafora (l'usignolo del v. 4, che simboleggia la vita e il cuore del Naviglio, che rappresenta il centro della città) una anafora (vv. 3 e 5: "la città è morta" / la città è morta"), una anadiplosi (v. 11: "è morta, è morta") e un forte enjambement (vv. 1-5: "l'usignolo è caduto").
NOTE
1 povera mano: la mano (evidente metonimia) dei soccorritori, o di qualche superstite che cerca qualcosa nella propria casa distrutta.
2 l'ultimo rombo: dello degli aerei e delle bombe, ma anche delle case che crollano.
3 sul cuore del Naviglio: il canale del Naviglio maggiore, che attraverso il cuore della città fino a Porta Ticinese.
4 è caduto dall'antenna: col crollo dell'edificio su cui era rifugiato.
5 i vivi... sete: perché è come se fossero morti anche loro e non avvertono più alcun bisogno.
6 nella terra... case: nelle case ormai ridotte in polvere.
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