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          È pur nostro il disfarsi delle sere1.
          E per noi è la stria che dal mare
          sale al parco e ferisce gli aloè2.
    
          Puoi condurmi per mano, se tu fingi
      5  di crederti con me, se ho la follia
          di seguirti lontano3 e ciò che stringi,
    
          ciò che dici, m'appare in tuo potere4.
    
    
    * * *
    
          Fosse tua vita quella che mi tiene
          sulle soglie - e potrei prestarti un volto,
    10  vaneggiarti figura. Ma non è,
    
          non è così. Il polipo che insinua
          tentacoli di inchiostro tra gli scogli
          può servirsi di te5. Tu gli appartieni
    
          e tu non lo sai. Sei lui, ti credi te.
    
    
    [La bufera e altro, Mondadori, Milano 19705, 14-15]

    METRO
    Due terzine di endecasillabi concluse da un endecasillabo isolato, essendo il v. 2 riconducibile a tale misura per dieresi di «strïa» e il v. 11 per dialefe in coincidenza del punto fermo.

    COMMENTO
    In una lettera a Silvio Guarnieri, del 29 novembre 1965, Montale commenta: "Serenata indiana, temo che il titolo sia di Shelley. Il polipo può esser le spirali delle onde nell'ora vespertina oppure l'inconoscibile, il futuro negativo. Non è per Clizia. Paesaggio versiliese. Non è per lo stesso personaggio di Su una lettera non scritta.
    Scrive Marica Romolini: "La lirica è simmetricamente bipartita in due blocchi. La prima parte del componimento è circoscritta dalla rima "sere / potere", che si riverbera per assonanza imperfetta (ossia di sola tonica) in "aloè" e per consonanza in "mare", che a sua volta è ripreso da "appare". I versi centrali sono invece uniti dalla rima interna "mano / lontano" e da quella esterna "fingi / stringi". Allo stesso tempo "follia", che resta irrelata, ha in realtà un precedente nella "stria" che conclude il primo emistichio del v. 2. Gli "aloè" del v. 3 iniziano inoltre una catena di rime ossitone che percorre entrambi i blocchi legando a fine verso "aloè / è / te", con il sostegno di forti puntelli di rime al mezzo con "me / è / te2. Tra l'altro in tal modo è nuovamente ribattuta la tonica /e/ che aveva dato avvio alla lirica e che racchiude sia la prima che la seconda parte del componimento, dal momento che domina anche la rima imperfetta "tiene / appartieni". La terza e quarta terzina sono infatti unite, a differenza delle precedenti dove le omofonie sono più istituzionali, da ripetizioni ("non", "te"), anadiplosi ("non è, / non è così"), rime imperfette ma arricchite dalla coincidenza di suoni che precedono l'ultima vocale tonica, come nel caso appena citato di "tiene / appartieni" e in "soglie / "scogli". Il titolo Serenata acquista dunque un senso pieno, concretizzandosi in un'orchestrazione musicale fitta di riprese che dettano il ritmo. Oltre alle osservazioni appena fatte, si noti la partitura dell'incipit: l'attacco "È pur nostro" è quasi specularmente riproposto al verso seguente "E per noi è", con uno slittamento in avanti della /e/ tonica che rilancia la tensione fino all'appoggio della voce su "aloè". (Marica Romolini, Commento a «La bufera e altro» di Montale, Firenze University Press 2012, p. 38).

    NOTE
    1 È... sere: Lo spegnersi della sera, che inizia a confondersi col buio della notte, coinvolge anche i due protagonisti, probabilmente nel senso che il "disfarsi" è riferito al rapporto tra il poeta e la donna, cioè allo scioglimento del vincolo che finora li aveva uniti..
    2 E... aloè: come precisato da Montale a Silvio Guarnieri, e come testimoniano gli "aloè", il paesaggio è versiliese. Il mare riflette l'ultima striscia di luce del tramonto, che raggiunge il parco colpendo le piante e investendo i due protagonisti.
    3 Puoi... lontano: "l'unione profonda e l'abbandono sarebbero possibili solo se la donna fingesse, illudendosi con convinzione, di essere vicina al poeta e se, a sua volta, il poeta si lasciasse follemente trascinare da lei" (Marica Romolini)..
    4 e ciò... potere: è la terza condizione dell'ipotetica. Il poeta potrebbe credere nel rapporto se percepisse che la donna ha davvero il potere di determinare le sue azioni ("ciò che stringi") e di concretizzare le sue parole, le sue promesse ("ciò che dici").
    5 Il polipo... te: il "polipo" è il mostro informe degli abissi e, proprio in quanto tale, rappresenta l'inconoscibile, il futuro negativo, il male capace di assumere le più svariate forme per infiltrarsi nell'esistenza" (Marica Romolini).