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          Senza occhiali né antenne1,
          povero insetto che ali
          avevi solo nella fantasia,
          una bibbia sfasciata ed anche poco
      5  attendibile, il nero della notte,
          un lampo, un tuono e poi
          neppure la tempesta. Forse che
          te n'eri andata così presto senza
          parlare? Ma è ridicolo
    10  pensare che tu avessi ancora labbra2.
    
    
    [Ora in Eugenio Montale, L'opera in versi, Einaudi, Torino 1980, p. 282]

    METRO
    Strofa unica di versi liberi, con rima ai vv. 1-2 ("occhiali / ali") e 9-10 ("parlare / pensare"), una rima imperfetta ai vv. 7-8, ("tempesta / presto") e vari richiami fonici.

    COMMENTO
    Questo secondo xenion è affine al primo sia per struttura che per situazione. Innanzitutto si nota la ripresa dell'oggetto che caratterizza Mosca già dalla Ballata scritta in una clinica della Bufera: poi quegli "occhiali" di cui immediatamente Montale sottolinea l'assenza; poi, il "caro insetto" che diviene "povero insetto", spostando perciò l'accento dall'affetto alla compassione; ed inoltre incontriamo la "bibbia sfasciata", che molto probabilmente è la stessa nella quale il poeta aveva letto il Deuteroisaia nel primo componimento, rovinata dal'uso. Ma soprattutto anche in questo testo, come nel precedente, è chiara nel poeta la consapevolezza di un ritorno (sotto qualsiasi forma o aspetto) di Mosca, e quindi di una solitudine totale.

    NOTE
    1 antenne: rappresentano il mezzo per un ipotetico contatto.
    2 è ridicolo... labbra: secondo Angelo Marchese questa espressione rivela la "disperata accettazione della realtà, l'annichilimento della donna amata che rimane viva e presente solo nel ricordo" (A. Marchese, Visiting angel: interpretazione semiologica della poesia di Montale, Società editrice internazionale, Torino 1977, p. 200).