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         Caro piccolo insetto
         che chiamavano mosca non so perché,
         stasera quasi al buio
         mentre leggevo il Deuteroisaia1
     5  sei ricomparsa accanto a me,
         ma non avevi occhiali2,
         non potevi vedermi
         né potevo io senza quel luccichìo
         riconoscere te nella foschia.
    
    
    [Ora in Eugenio Montale, L'opera in versi, Einaudi, Torino 1980, p. 281]

    METRO
    Strofa unica di versi liberi, con rima ai vv. 6-9 ("Deuteroisaia... / foschia") e rima interna ai vv. 6-7 ("avevi... / potevi").

    COMMENTO
    In un'intervista a Raffaello Baldini, rilasciata nel 1971, Mondale dichiarò: "Nel 1963 ci fu la morte di mia moglie. Mi venne la spinta a scrivere qualche ricordo di lei. Sono i versi di Xenia. Così ho ripreso, come uno che abbia smesso di fumare e a un certo punto, dopo qualche anno, un amico gli offre una sigaretta, e lui ricomincia. Chiedo scusa della volgarità del paragone".
    Datato 10 aprile 1964, questo è il primo testo di Xenia, ed è quello che segna il ritorno di Montale alla poesia dopo quindici anni di silenzio (La bufera e altro era uscita nel 1956) interrotto esclusivamente dalla pubblicazione, in tiratura limitata, di Satura nel 1963.
    Il motivo scatenante, l'«occasione-spinta», è appunto la morte, avvenuta il 20 ottobre del 1963, della moglie Drusilla Tanzi, ex-consorte del critico d'arte Matteo Marangoni, conosciuta a Firenze nel 1927 e alla quale si era legato sentimentalmente nel 1939 per poi sposarla con rito religioso il 23 luglio 1962 e civilmente, a Firenze, il 30 aprile dell'anno seguente.
    Come scrive Pietro Gibellini: "Sin dai primi versi, percepiamo in questo testo un'atmosfera di intimità, di quotidianità e di abitudine al dialogo con qualcuno che per lungo tempo è stato vicino all'io narrante. La confidenzialità traspare dai termini ("caro piccolo insetto"); da un linguaggio apparentemente dimesso, ma in realtà oltremodo attento all'aspetto musicale, dal momento della giornata in cui questo dialogo, questo tentativo di comunicazione, inizia: quella sera che si accompagna (...) a una lettura che, non a caso, è quella del Deuteroisaia, il libro biblico della consolazione nel quale si legge (Isaia 41,12): "Non temere, perché io sono con te". È in queste condizioni così quotidiane e quasi banali che si verifica il "miracolo" della ricomparsa (parola chiave del testo e, non a caso, messa in posizione centrale). Eppure, al verso immediatamente successivo, il poeta capisce l'assurdità e l'inutilità dellìapparizione. Il fantasma, lìombra, è altro da ciò che era, non ha più ciò che caratterizzava lìamata (e si noti la presenza di tre negazioni in tre versi successivi): quegli "occhiali" che già avevamo apparsi nella Ballata scritta in una clinica e che ne permettevano il riconoscimento. Con chi può dialogare il poeta se non è in grado di riconoscere il suo interlocutore? Tutto, dunque, non può che ridursi ad un monologo rievocativo nella speranza di essere ascoltato e, ancor più, in quella di una risposta che non verrà mai". (P. Gibellini, Prove di commento a Montale: i primi “Xenia”, in AA.VV., Studi di storia e critica della letteratura italiana dell'Ottocento e del Novecento in onore di Giuseppe Farinelli, Milano, Otto/Novecento, pp. 753-770).

    NOTE
    1 Deuteroisaia: si tratta dei capitoli 40-55 del libro di Isaia.
    2 occhiali: sono gli occhiali di tartaruga di Ballata scritta in una clinica (inserita nella Bufera), che ora Mosca non indossa più.