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          Ora che il coro delle coturnici1
          ti blandisce nel sonno eterno2, rotta
          felice schiera in fuga verso i clivi
          vendemmiati del Mesco3, or che la lotta
      5  dei viventi più infuria4, se tu cedi
          come un'ombra la spoglia
                                                (e non è un'ombra,
          o gentile, non è ciò che tu credi)
    
          chi ti proteggerà?5 La strada sgombra
    10  non è una via6,  solo due mani, un volto,
          quelle mani, quel volto, il gesto d'una
          vita che non è un'altra ma se stessa,
          solo questo ti pone nell'eliso
          folto d'anime e voci in cui tu vivi7;
    
    15  e la domanda che tu lasci è anch'essa
          un gesto tuo, all'ombra delle croci8.
    
    
    [La bufera e altro, Mondadori, Milano 19705, pp. 30-31]

    METRO
    Tre strofe, rispettivamente di 8, 6 e 2 versi, tutti endecasillabi (i vv. 7-8 sono rispettivamente un settenario e un quinario, ma possono essere considerati come i due emistichi di un endecasillabo, con sinalefe centrale: "spoglia / e".

    COMMENTO
    A mia madre è la lirica che chiude la sezione Finisterre, con la quale si apre La bufera e altro. Incentrata sul tema del rapporto coi morti, fondamentale in tutta la raccolta, essa fu scritta durante gli anni della seconda guerra mondiale (vv. 4-5: "or che la lotta/ dei viventi più infuria") e rappresenta un dialogo ideale con la madre del poeta, da poco defunta (la morte avvenne il 25 ottobre del 1942).
    La questione sulla quale il poeta si sofferma lo vede in disaccordo con la madre, in quanto la donna sosteneva che alla morte sopravvivesse l'anima, mentre il poeta ritiene che a sopravvivere sia la memoria del corpo sepolto, dei gesti e del volto. Infatti, come nota Marica Romolini: "la persona, sinolo di anima e corpo, non può essere astratta dalla materialità che la plasma, dall'aspetto che la connota (...). Pertanto per il poeta, se la madre abbandona la spoglia giudicandola solo un'ombra, una mera e sacrificabile apparenza, rischierà di dissolversi in un'inconsistente indeterminatezza e niente potrà salvaguardare il suo essere, radicato nella sua individualità (chi ti proteggerà?)" (Marica Romolini, Commento a «La bufera e altro» di Montale, Firenze University Press, 2012).
    È evidentemente la ripresa di un tema foscoliano secondo il quale la morte è il definitivo annullamento dell'individuo, e quindi non c'è vita ultraterrena. L'unica possibilità di "sopravvivenza" è affidata appunto al ricordo di quei pochi caratteristici frammenti dell'esistenza (qui, "quelle mani, quel volto", "il gesto d'una / vita che non è un'altra ma se stessa) che restano nella memoria dei vivi. Ed è questo l'unico modo che il poeta conosce per "distinguere" la madre nella folta schiera di anime che appartengono ormai alla memoria.

    NOTE
    1 coturnici: uccelli appartenenti all'ordine dei Gallinacei, con piumaggio che varia dal bruno al grigio cenere.
    2 ti blandisce... eterno: ti culla nel sonno eterno della morte.
    3 rotta... Mesco: scompaginata ma felice schiera in volo verso i pendii vendemmiati del Mesco (punta costiera della Liguria orientale, e precisamente vicino a Monterosso nelle Cinque Terre, dove si trova la tomba della madre di Montale).
    4 or... infuria: datata 1942, la lirica si colloca in effetti nel pieno degli scontri della seconda guerra mondiale.
    5 se tu... proteggerà?: se tu abbandoni la tua fisicità materiale ("spoglia"), considerandola non più consistente di un'ombra, chi proteggerà il tuo essere, che è invece un sinolo di corpo e spirito, dalla dissoluzione?
    6 La strada... via: Dante Isella commenta: "una strada vuota, senza punti di riferimento su cui orientarci, non è via che ci guida in alcun luogo"; mentre Marica Romolini interpreta: la strada sgombra, cioè priva di edifici, non ha altra funzione se non quella di condurre a una qualche destinazione, mentre la via è anche il luogo dove si abita. Dunque, trasponendo il significato sul piano esistenziale, se non si conferisce la minima importanza alla corporeità e al mondo fenomenico, la vita finisce per essere solo un insensato cammino verso la morte.
    7 solo... vivi: "solo l'incarnazione in una determinata fisicità e i gesti di una vita unica e irripetibile, che pertiene necessariamente alla persona nelle specifiche modalità con cui si svolge, soltanto questo rende possibile la sopravvivenza nel ricordo dei superstiti" (Marica Romolini).
    8 e la domanda... croci: la domanda generata nel poeta dal lutto per la madre è presumibilmente quella esposta nella prima strofa della lirica, ossia come poter proteggere ciò che resta dopo la morte da una totale dissoluzione. L'explicit ricalca nuovamente i versi d'apertura dei Sepolcri: "All'ombra dei cipressi e dentro l'urne / confortate di pianto, è forse il sonno / della morte men duro?".