METRO
Dieci versi suddivisi in tre terzine più un verso isolato in chiusura. Sono tutti versi eccedenti le undici sillabe, tranne il v. 4 (che è un endecasillabo sdrucciolo, e il v. 6 (che è ambiguo perché i due emistichi dovrebbero essere legati da sinalefe). Si rileva una sola rima: "tocca / bocca" (vv. 5-7), mentre diverse assonanze distribuite all'interno dei versi: ad es., "nuovo / poco" (vv. 1-2); "parla / cala" (vv. 2-3); "saremo / spento" (vv. 8-9); "valle / tace" (vv. 8-10).
COMMENTO
Un manoscritto custodito presso l'Archivio Svizzero di Letteratura di Berna e datato agosto 1944, permette di collegare il piano letterale di questa poesia non alla successiva esperienza ossolana del poeta (9-17 ottobre 1944), come sostenuto alcuni interpreti, ma a un suo precedente ingresso in Svizzera, che risale al settembre dell'anno precedente.
Come spiegò lo stesso poeta nella prefazione del 1967, "il 'foglio di via' voleva essere la 'bassa di passaggio' che nei trasferimenti accompagna il soldato isolato. Non per nulla la poesia con quel titolo è una piccola discesa nell'Ade". Insomma il "foglio di via" è una sorta di lasciapassare, necessario ai militari per gli spostamenti tra le divisioni. L'occasione-spinta di questi versi fu infatti, come accennato, lo sconfinamento in Svizzera di Fortini, insieme a tre compagni, nel settembre 1943.
I versi descrivono un passaggio che procede dall'alto ("da quest'altezza", v. 1) al basso di una "valle" (v. 9). Il "cammino" è accidentato, sia per gli agenti atmosferici (il vento, la pioggia recente) che per il sopraggiungere del buio serale. Il soggetto è affiancato da una compagnia che pian piano ammutolisce e con la quale approda in una valle, dove incontra una folla sienziosa e dove i suoi stessi amici non lo riconoscono più (v. 10).
Il livello letterale è dunque molto semplice. Ma al significato letterale si sovrappone quello, fornito dal poeta, di un viaggio nell'oltretomba, dove il viator s'imbatte in una folla indifferenziata, che tace al pari degli stessi amici, i quali, già di poche parole durante la discesa, giunti al fondo della valle, non riconoscerlo più.
C'è quindi nel poeta una sorta di spaesamento, unito alla consapevolezza che non vi sia altra strada se non quella di "espatriare" ("nessun cammino se non questo del nord") per trovare nuovi compagni e fondare una nuova vita. Valicati i confini, si rischia ovviamente la disappartenenza e il silenzio, l'oblio e la solitudine, come si ricava dall'ultimo verso.
NOTE
1 Dunque: L'incipit, con questa congiunzione testuale, tace le premesse da cui il discorso s'avvia.
2 Dove... parla: probabilmente "si parla" va riferito ai pochi compagni che furono con Fortini nell'attraversamento della frontiera.
3 cala: fa calare.
4 Dunque... nord: La seconda terzina si apre con l'inizio della discesa, che appare come un cammino necessario, che non può essere evitato. Il "nord" è la via che porta verso le valli svizzere.
5 il sole... degli alberi: il sole non giunge, e i rami sono impregnati d'acqua, gocciolanti.
6 Dunque... riconoscono: la terza strofa e il verso di chiusura annunciano l'afasia che colpisce prima la propria "bocca" (v. 7), poi la "folla" e infine "gli amici" (v. 10), che paradossalmente "non riconoscono". Quest'ultimo verbo, solitamente adoperato nella forma riflessiva, viene usato in senso assoluto per sottolineare la drammaticità del momento.
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