• [omissis]

    Come Leonardo, Galilei ritenne
    che l'universo è chiaramente scritto
    in segni matematici e sostenne
    che l'uomo non può credersi in diritto
    di analizzarne in profondo l'essenza,
    ma deve limitarsi all'esperienza


    determinando fatti e quantità
    matematiche, senza andar più in là.
    Per fare questo, si formulerà
    un'ipotesi che si vaglierà
    mediante esperimenti. Se essa regge,
    tale ipotesi si trasforma in legge.

    Che Galilei avesse o no ragione,
    sta di fatto che presto venne inviso
    al tribunale dell'Inquisizione,
    perché fra l'altro aveva condiviso
    la teoria di Copernico, la quale
    tolse alla terra il suo posto centrale

    nell'universo, che invece gli aveva
    assegnato Aristotele e che il mondo
    ecclesiastico ancor condivideva.
    Pur ritrattando, disse nel profondo:
    "eppur si muove". Questo non vuol dire
    che intendesse il divino indebolire.

    Di certo insomma Galilei non volle
    contrastare la Bibbia; anzi codesta
    intenzione stimava iniqua e folle.
    Egli intendeva solo fare questa
    osservazione: che la Bibbia vale
    soprattutto nell'ordine morale.

    In tale campo la sua autorità
    è somma, ma nel campo della scienza
    la religione proprio non ci sta.
    Dio non ha inteso darci conoscenza
    del mondo e della sua concreta essenza,
    ma indizi e segni sulla trascendenza.

    Perciò la Bibbia parla con parole
    del linguaggio comune e ci propone
    frasi che alludono al moto del sole
    (che oggi sappiamo effetto d'illusione).
    Però al mistero della Sua creazione
    l'uomo può accedere con la ragione

    e con i sensi. Galilei credette
    che anche la Chiesa avrebbe condiviso
    questa argomentazione, ma dovette
    - per amor del sapere - far buon viso
    ad un cattivo gioco: condannato,
    trascorse gli ultimi anni confinato.

    La scienza tuttavia non si arrestò
    e altrove proseguì la propria via,
    mostrando (anche se non ne parlerò)
    nei campi più svariati una maestria
    che mise poi l'Europa in condizione
    d'imporre al mondo la propria visione.

    In questa prospettiva, accanto al grande
    pisano, occorre rammentare adesso
    il londinese Bacone, che un grande
    impulso diede all'immane processo
    che stiamo descrivendo, in cui la scienza
    venne acquistando la sua strapotenza.

    [omissis]