Questi rapidi appunti sulla bellezza sono tutt'altro che sistematici. Essi hanno semplicemente lo scopo di chiarire (o meglio, tentare di chiarire) un aforisma apparentemente sconcertante di Paul Valéry: "il bello è ciò che fa disperare".
I filosofi teorizzano da sempre sulla bellezza, ma non si sono mai impegnati (se non nella vita quotidiana) a dire: "questo è bello e questo è brutto". D'altra parte l'impegno dei filosofi si è per lo più rivolto al bello artistico. Ma è chiaro che la categoria della bellezza riguarda almeno tre ambiti: naturale, estetico e umano. Occorre dunque chiedersi se l'aforisma citato fa riferimento a tutti e tre, o se allude a uno soltanto. Consideriamo innanzi tutto una frase lapidaria di Albrecht Dürer, emblematica della straordinaria difficoltà a cui va incontro qualunque tentativo di definizione della bellezza: "che cosa sia la bellezza non so". E pensiamo che alcuni secoli dopo, cioè ai nostri giorni, il filosofo Vladimir Jankélévitch ha affermato che "la bellezza è quel non so che". Queste due affermazioni ci fanno intendere che la "cosa" c'è, ma non si sa che cosa sia: la bellezza è non si sa che cosa, eppure se ne parla. Discutere di ciò che non si sa: ecco allora il paradosso! La bellezza sembra dunque sfuggire a ogni definizione (forse è proprio questo il bello della bellezza). Ma proprio perché sfugge a ogni definizione, la bellezza è parente stretta dell'infinito: in comune col quale presenta (quando la si pensa intensamente) la vertigine dell'interpretazione. Penso comunque che una caratteristica essenziale della bellezza consista nel fatto (anch'esso paradossale) che essa, quando è davvero tale e non quando semplicemente si identifica con il piacere, allontana da sé. Non si tratta dell'allontanamento in quanto trascendenza (vale a dire ciò che la rende inaccessibile a ogni definizione) ma di uno sfuggimento. Intendo dire che bello è ciò che dà luogo a un parlare d'altro, ciò che si sottrae non perché è inafferrabile ma perché induce a parlare d'altro senza però mai svanire... Non so bene perché ho detto questo, ma non cerco neanche di spiegarmelo. Tanto, alla fin fine, la bellezza è qualcosa che si può confessare solo a noi stessi. Adesso vorrei esprimere una sensazione strettamente personale, ma che ritengo possa riguardare molte altre persone. Ecco: se io devo dire quali siano state le grandi emozioni della mia vita (in riferimento alla bellezza, ovviamente), confesso che non sono mai state di ordine naturale. I petali di un fiore, una farfalla, un tramonto, sono certo cose bellissime, però le grandi emozioni le ho provato innanzi tutto amando, e poi leggendo una poesia o ascoltanto una melodia per me altamente suggestive. So bene che, non conoscendomi, non puoi fidarti ciecamente di me e quindi non puoi credermi sulla parola. Tuttavia vorrei aggiungere che la prova di quello che ho detto sta in un fatto semplicissimo: e cioè che, mentre di fronte a un testo poetico o a un brano musicale mi sorprendo ad esclamare "che bello!" anche se sono da solo, di un paesaggio posso esprimere la stessa emozione, ma posso pronunciarla soltanto se ho qualcuno accanto. Dicevo poco prima che la bellezza è qualcosa che si può confessare solo a noi stessi. Ciò significa soprattutto che essa (pur ammettendo che in assoluto esista) non si può definire in modo assoluto, perché non si può tradurre l'intima sensazione che ce la fa percepire in una formulazione linguistica: non si può, se non smarrendo in gran parte l'intensita di quello che proviamo. Il silenzio è accanto alla bellezza assai più di quanto potranno mai esserlo le parole. Un'ultima riflessione. Da qualche parte ho letto (ma non ricordo dove) che in greco il bello è orion, che significa "in quell'ora". Un bambino è bello in quel momento e un uomo anziano è bello in un altro momento. Ciò vuol dire che il bello non è assoluto. La bellezza è una cosa che capita (ma che può anche non capitare mai) e, come la felicità, indica brevi momenti. Una cosa è bella al pomeriggio, e cinque minuti dopo è insignificante. Qualunque cosa sia, la bellezza soggiace al tempo, qualunque cosa esso sia. Forse è (anche) per questo che "il bello è ciò che fa disperare". |