Come è noto da un punto di vista storico/geografico, si è soliti distinguere tra occidente (Europa e America), medio oriente (Asia orientale fino all'India, e Africa settentrionale, ovvero i paesi di tradizione musulmana) ed estremo oriente (India, Indocina, Cina, Giappone).
Tale distinzione coincide grosso modo anche con una distinzione relativa alle diverse religioni che si sono diffuse ed affermate in questi territori; ed invero nell'occidente è prevalsa la religione cristiana nelle sue diverse accezioni (cattolica, protestante ed ortodossa), nel medio oriente la religione musulmana, e nell'estremo oriente religioni quali l'induismo, il buddismo e il confucianesimo (anche se in questo caso il termine religione ha una valenza ben diversa rispetto al modo in cui è inteso in occidente e in medio oriente). Da questa partizione è rimasta esclusa la religione ebraica e ciò in quanto tale religione, come è noto, è ed è stata strettamente connessa con le vicende del popolo ebraico, sicché tale religione si è diffusa essenzialmente nei paesi ove nel corso dei secoli si è consumata la diaspora di questo popolo iniziata intorno all'anno 70 d.C., e quindi essenzialmente nei paesi dell'occidente e del medio oriente, dove nel 1945 è sorto lo stato di Israele. Sennonché, se a base della distinzione si pone un parametro diverso da quello appena evidenziato, quale ad esempio alcune differenze sostanziali tra le diverse culture, la distinzione da tripartita potrebbe diventare solamente bipartita, individuando da una parte l'occidente, ricomprendendo in esso anche il medio oriente, e dall'altra l'oriente, finendo quest'ultimo col coincidere solo con l'estremo oriente. Tale diverso parametro di riferimento potrebbe individuarsi nel diverso modo d'intendere e di concepire il rapporto tra il finito e l'infinito. Ed invero, la cultura occidentale è caratterizzata da una tradizione che concepisce il finito, ovvero l'uomo, nettamente distinto dall'infinito, coincidendo quest'ultimo essenzialmente con il Dio trascendentale così come rilevato dalle tre religioni monoteistiche; viceversa nella cultura orientale il rapporto tra l'uomo/finito e l'infinito non si pone in termini di netta separazione come nella cultura occidentale, in quanto il concetto di infinito è inteso essenzialmente come Realtà Universale della quale tutto e tutti fanno parte, compreso quindi anche il singolo uomo/finito. E così, ad esempio, nell'Induismo il Brahman (la Suprema divina realtà universale) finisce col coincidere con l'Atman (il Sé Supremo che è dentro ciascuno di noi e che deve prevalere sul Sé empirico, ovvero il Sé che ci spinge a considerare tutta la realtà a noi esterna come una realtà per l'appunto totalmente diversa dal nostro Sé; in altri termini il Sé finito esiste come realtà, ma al contempo il Sé deve rendersi conto che la vera ed ultima natura del Sé è l'Atman). Nel Buddismo, il rifiuto della netta distinzione tra finito ed infinito è ancora più radicale, atteso che si finisce col ritenere che lo stesso concetto di finito, ovvero il Sé del singolo uomo, in realtà non esiste come tale ma solo come parte della Realtà Universale, intesa quest'ultima come continuo flusso in divenire, sicché confluendo in tale realtà universale svanisce la dimensione individuale e finita del singolo Sé, inteso quest'ultimo quale ego permanente sempre eguale a se stesso (la c.d. teoria dell'anatta). La distinzione appena evidenziata circa il modo d'intendere il rapporto finito/infinito, ha delle rilevanti ripercussioni anche sul diverso modo di concepire il rapporto individuo/realtà circostante. Ed invero nella cultura occidentale, essendo il singolo uomo/finito, così come la realtà che lo circonda, creati dal Dio infinito, ed avendo quest'Ultimo attribuito all'uomo/finito un ruolo preminente sulla realtà circostante (l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio), il singolo uomo si pone in termini di prevalente dominio nei confronti della realtà circostante; donde una filosofia dell'essere/uomo caratterizzata da un forte individualismo (tale tipo di impostazione, ad esempio, si ritrova in uno dei primi e principali filosofi dell'individualismo europeo, quale John Locke: Trattato sul governo e La ragionevolezza del Cristianesimo). Viceversa nella cultura orientale, atteso che il concetto di infinito finisce per coincidere col Divenire della Realtà Universale, sulla dimensione finita del singolo uomo prevale per l'appunto la dimensione della Suprema Realtà Universale della quale il singolo uomo fa parte e rispetto alla quale il singolo si pone (si deve porre) non già in termini di predominio bensì in termini di armonia e di accettazione (ciò, peraltro, non significa che il singolo non può adoperarsi per modificare la realtà, bensì che, comunque, in tale sua attività egli non deve mai porsi in termini di rottura, disarmonia con la realtà medesima; si pensi ad esempio alla cultura della non violenza predicata e praticata da Budda, da Confucio, da Ghandi o dal Dalai Lama). Certo, il prevalere dell'individualismo nella cultura occidentale, non è dipeso solo dal diffondersi delle religioni monoteistiche; altri fattori hanno infatti concorso nella medesima direzione quali, ad esempio, il progresso tecnologico e più in generale la fiducia risposta nelle potenzialità della scienza, quale strumento idoneo a manipolare la realtà circostante rendendola consona alle esigenze dell'uomo (le c.d. progressive sorti del pensiero illuminista e successivamente del positivismo), o ancora tutte quelle filosofie che hanno posto in primo piano l'individuo in quanto singolo per escludere ogni tipo di realtà universale della quale l'uomo dovrebbe far parte, e nella quale sarebbe ingabbiato (l'esistenzialismo, e le varie forme di irrazionalismo, da Kierkegaard a Schopenhauer, a Nietzsche). Allo stesso tempo, d'altra parte, anche nella cultura occidentale sono state presenti filosofie che, come quelle orientali, hanno posto l'accento più che sul singolo sulla Realtà Universale della quale il singolo sarebbe espressione e parte e/o manifestazione (si pensi allo stoicismo, a Spinoza e all'idealismo, in particolar modo allo Spirito Assoluto di Hegel). Venendo invece alle culture orientali, non può al contempo non disconoscersi come il prevalere di un tipo di cultura che fa prevalere la Realtà sull'individuo, in modo tale che quest'ultimo sia indotto a non costruire un rapporto conflittuale con la realtà circostante, sia stato favorito in parte anche dalle condizioni di precarietà e di arretratezza che spesso hanno caratterizzato la storia di questi paesi. In definitiva quindi può concludersi che mentre nella cultura occidentale si è posto l'accento sul "Sé", nella cultura orientale si è posto l'accento sul "altro da Sé". |