Dove finivano i carrugi
della tua Genova e cominciavano i pavimenti lustri tu riuscivi a stare in bilico tra la linea d'ombra facendo sgorgare la tua voce a provocare l'otite ai potenti e a dar balsamo al cuore degli ultimi. Personaggi senza tempo e metafore universali impregnavano di magia filosofica ogni tuo pezzo, sussurrato con un timbro roco sussurrato con un timbro roco di tabacco e di alcool. E Andrea che si è perso, il giudice nano, Bocca di rosa, e la Princesa di tempi non sospetti e poi su, in Via del campo e giù, ne la creuza de ma fino ad "Amico fragile" in cui ti specchiavi e si specchiava la tua anima. Fine intellettuale, poeta che odiava il sentirselo dire, anarchico da sempre consideravi il nazzareno il più grande rivoluzionario e con grande coerenza porgesti l'altra guancia quando subisti la violenza e perdonasti. Passasti attimi di terrore quando vedesti la Nera Signora? Chissà, chi potrà dirlo. Ricordo però che solevi sempre ricordare questa atavica paura che di lei abbiamo. Nascoste tra le note della tua chitarra e tra le righe dei tuoi testi ci accorgiamo delle mille verità, ma siamo orbi del tuo occhio indagatore e muti delle tue parole precise e senza sbavatura, avanti qualche passo dall'orizzonte del più acuto osservatore. E intanto,come sempre, scivola il sole al di là delle dune a violentare altre notti e tu ci manchi, caro Faber. |