Era triste: la sua chitarra, quello strumento che nelle sue mani avea prodotto melodie così poetiche d'aver in sé l'incanto d'unire le genti oltre ogni pregiudizio, adesso era appena un pezzo di legno con una valida storia, a far bella mostra di sé in un museo.
Era il pezzo forte di un pellegrinaggio laico di genti unite, che nel ricordo delle sue note cercavano di modellarsi a creare un mondo migliore, nella curiosità da cui nasce l'interesse all'estraneo, il cui vissuto arricchisce e pertanto va approcciato senza pregiudizio o, peggio ancora, il terrore imposto da una società ermetica nel proprio potere. La tolleranza era la più grande lezione trasudata da quelle corde usurate eppure mai stanche, ancora vogliose di scoprire altre storie e raccontarle filtrandole con la poesia. Nessuno era nella condizione privilegiata di poter dare a quelle corde il medesimo suono ch'esse ricordavano e questa era la consapevolezza che rendeva assai più triste quel laico pellegrinaggio di fratellanza. Ma più vedeva scorrere dall'alto quel fiume variopinto di gente, realizzando che il suo ricordo s'era liticamente fissato nelle ere, più vedeva in quell'impressionante varietà di persone accomunate da un unico amore, il senso del suo messaggio; capì finalmente che, era vero: dalle sue corde non avrebbero più potuto uscire note che scolpivan poeticamente l'attualità, ma che ciò non sarebbe stato necessario. Le sue dita esperte che sfioravano quelle corde erano state in grado di fissare fuori dal tempo e dallo spazio quel suo messaggio di blasfema pietas che avrebbe continuato a insegnare l'amore fino alla fine del tempo. |