"Caro François, nel 1963 mi capitò di leggere su un quotidiano che in Sud Africa le autorità celebravano senza saperlo il cinquantesimo [sic! cinquecentesimo, ndr] anniversario della tua scomparsa...". Così principia le lettera-prefazione di Fabrizio De André, una missiva lanciata attraverso i secoli e capace di evocare la voce e i tratti di François Villon, il "cattivo soggetto", il "ribelle". Da Bertolt Brecht a Georges Brassens, non c'è stato poeta che non abbia sentito la "musica" dei suoi lais, delle sue ballate e non abbia cantato a sua volta il vino, le taverne e la maledizione della giovinezza perduta, le ragazze di piacere, i balordi e la ribellione alla morale comune. Al di là dell'orizzonte leggendario in cui l'uomo Villon è incorniciato, la sua poesia resiste implacabile al tempo, limpida, mordace, dolcissima, e le sue "neiges d'antan", le sue "nevi dell'altr'anno", continuano a incarnare l'immagine irriducibile della malinconia che accarezza tutte le umane avventure. [quarta di copertina]
Feltrinelli, Milano, 1996 ISBN 880782129X Nuova edizione, ivi, 2008 ISBN 978-8807821295 Nuova edizione, ivi, 2017 ISBN 978-8807902673 |
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