Quella del rapporto tra la canzone e la poesia, specialmente quando si parla della cosiddetta "canzone d'autore", è una lunga querelle. Iniziata, qualche anno fa, proprio con Fabrizio De André, la sua opera inimitabile e la sua delicata, "poetica" scrittura. Questo libro intende superare gli schemi fino ad ora utilizzati, proponendo un'analisi che parta dalla canzone come forma espressiva a sé, per poi restringere progressivamente il campo. Il primo passo è misurare le distanze e le contiguità della canzone con le altre modalità di espressione artistica, in primis la poesia e il video. Poi analizzare le strutture testuali dei macro-generi della canzone italiana: la canzone di largo consumo, il rap, la canzone sanremese e la canzone d'autore. È partendo da questa cornice che l’autore del volume si cala nel mondo di Fabrizio De André. E formula, dopo un’attenta analisi, una tesi decisamente inedita. De André non è un poeta, come molti forse impropriamente hanno affermato. È piuttosto un filosofo: nel senso più ampio del termine, ovviamente. Indagato da un punto di vista intellettuale, De André viene accostato al pensatore francese Michel Foucault: entrambi hanno esplorato tematiche come la follia, la sessualità e il potere, con una visione sicuramente ricca di differenze, ma anche di molti, inattesi punti di contatto. De André foucaultiano? La tesi del libro è certo provocatoria, ma con molte prove a sostegno. Un pensiero forte, anarchico e però sistematico nella sua coerenza, che riscopre e fa riscoprire continuamente se stesso a pubblici diversi per età, matrici identitarie e livelli di cultura. [descrizione editoriale]