Ultimo rappresentante della "scuola genovese", De André fu "pronto" in un momento immediatamente successivo ai Tenco e ai Paoli, un momento già maturo per affrontare tematiche e linguaggi più complessi e sottili; in questo senso si imposte a poco a poco come uno dei massimi innovatori della canzone italiana. Il pubblico giovanile rimase sorpreso da questo pacato personaggio che cantava racconti spregiudicati e usava un linguaggio attuale e crudo, anche se formalmente colto e ricercato. Con rime fitte di passaggi e sfumature, acute annotazioni analitiche, brillanti melodie da antica ballata, Fabrizio cantava di antimilitarismo e di violenza; di ladri, assassini, prostitute, fannulloni e ubriachi, ma per accoglierli in un comune bisogno di dare e avere amore. Con le sue lunge cantate aprì più vaste e generali dimensioni alle possibilità espressive della musica "leggera" mantenendosi costantemente ad un alto livello espressivo. [quarta di copertina]
Questo grazioso volumetto raccoglie i testi dei vari album deandreani fino a Rimini, facendoli precedere da alcune note introduttive. In apertura l'autore ha raccolto una preziosa testimonianza della madre di Fabrizio.