Ivan, su consiglio del dottor Piccolino di Gaeta, si racconta per cercare di guarire dalla malattia che da diversi mesi lo consuma. Due matrimoni falliti e la sofferenza per essere rimasto solo. Per uscire da questo stato di turbamento interiore ha bisogno non di medicine ma di carta e penna per scrivere di se stesso e rielaborare la sua infanzia. Il suo viaggio inizia proprio dal camposanto di Gaeta, i suoi morti ormai riposano lì da anni e lui sente il loro richiamo. Si sistema nella casa appartenuta ai suoi genitori, lì il tempo pare si sia fermato: le pantofole consumate del padre quasi inservibili, ma che ancora assolvono al loro compito, il piccolo quaderno a quadretti rilegato da anelli colorati trovato dentro un cassetto. Sfogliare le sue pagine ingiallite rievocherà la figura del padre, uomo dalla personalità controversa e per il quale Ivan ha sempre nutrito stima e rispetto. Il ricordo più affettuoso è rivolto a Nonna Manella che abitava a Roma, donna dal forte temperamento, abituata a ogni avversità della vita ma dolce e sensibile allo stesso tempo. [descrizione editoriale]