MILANO. - "Certe mie vecchie canzoni oggi non fanno più scandalo, ma all'epoca...". Fabrizio De André osserva divertito gli scherzi del tempo. Nel suo nuovo album antologico M'innamoravo di tutto, che uscirà il 6 novembre, ha inserito la versione originale di Bocca di Rosa, quella che dice: "Spesso gli sbirri e i carabinieri al proprio dovere vengono meno / ma non quando sono in alta uniforme / e l'accompagnarono al primo treno…".
"C'era da stare attenti: per Carlo Martello io e Villaggio siamo finiti in tribunale, a Verona. Ma il pretore mi assolse: 'Mi dica piuttosto quando uscirà il suo prossimo disco?'". Rilassato, con l'immancabile oxford azzurra e pullover blue marine, inforca gli occhiali e legge qualche appunto. E il suo Genoa? Alza occhi: "Ci sarebbe da mettersi a piangere. Quasi quasi, faccio finta di essere sampdoriano. La squadra non mi piace un granché. Ho paura che il Genoa vada in controtendenza alla città, che si sta risollevando molto bene.". Pausa. Però, adesso, il Genoa è passato a Gianni Scemi... S'illumina in un sorriso: "Ecco, questo mi rende felice. Siamo amici da trent'anni". Ma sì, questa benedetta genovesità gli rimane nel cuore. Basta pensare alle canzoni infilate nella "collection": "Dove ho recuperato Jamin-a, messa in ombra da Creuza de mä e Sidan Capudan Pascià". O al programma della nuova tournée teatrale, che partirà il 2 novembre da Parma, per sbarcare il 10 e 11 dicembre al Carlo Felice. E che si aprirà proprio con tre brani dall'album Creuza de mä: "Al quale sono molto affezionato. Mi piacciono le canzoni in lingua minore, ho sempre cantato un'umanità marginale, e i personaggi anonimi di Creuza parlano una lingua dell'anonimato. Infatti ho anche inserito Zirichiltaggia e Monti di Mola, che sono in sardo. Pasolini diceva che il dialetto è il popolo, e il popolo è autenticità. Ne deduco che il dialetto è l'autenticità". In concerto seguiranno nove brani dal recente Anime Salve: "Che ha per tema la ricerca della libertà, anche attraverso la dolorosa esperienza della solitudine...". Seguiranno due canzoni firmate dal figlio Cristiano, in scena con la sorella Luvi e poi la vera novità del tour teatrale: "Cinque canzoni dall'album La buona novella: L'infanzia di Maria, Il ritorno di Giuseppe, Il sogno di Maria, Le tre madri e Il testamento di Tito. Secondo me, per quei tempi, era un disco rivoluzionario, almeno per i contenuti. Avevo preso spunto dagli evangelisti apocrifi, che non erano né cristiani né giudei. E tutti i personaggi dei Vangeli erano riusciti meno sacrali e più umani. Ovviamente, non fu molto capito...". Ha qualche rimpianto? "Ma no. Scrissi quelle canzoni nel '69, in piena rivolta studentesca: ai meno attenti apparve anacronistico. Ma cosa predicava Gesù, se non l'abolizione delle classi sociali? Ai miei coetanei che si battevano contro gli abusi delle autorità dicevo semplicemente: guardate che, prima di voi, un rivoluzionario si è battuto per ideali che vi appartengono". Ma lei crede ancora in qualche forma di lotta per questi valori universali? "Certamente sì, ma va combattuta individualmente giorno per giorno, e non in branco come pecore". Proprio le canzoni della Buona Novella ispireranno il prossimo album del cantautore: "Che sarà dal vivo...". Mentre quello inedito è previsto per il giugno del 2000: "Anch'io, ormai, devo sottostare alle scadenze". E il duetto con Mina nella Canzone di Marinella, che appare nella "collection"? "Lei ci ha messo cinque minuti, io due giorni. Ma lei ha una marcia in più: il Dna della musica nel sangue. E poi è molto simpatica. Devo aggiungere che suo figlio Massimiliano Pani ha fatto un ottimo arrangiamento, con archi e corni nel momento più suggestivo". "In M'nnamoravo di tutto ho privilegiato quelle canzoni considerate, a torto, minori: Coda di lupo, Sally, La cattiva strada, Il bombarolo, Il canto del servo pastore, Se ti tagliassero a pezzetti, Ave Maria sarda, Jamin-a, La canzone dell'amore perduto e le arcinote Bocca di Rosa, in versione originale, e Marinella con Mina". Poi indica, orgoglioso, un plastico che raffigura la nuova scenografia dello show: creata da Emilia Pignatelli Morgia, moglie dell'immancabile Pepi, raffigura due castelli di tarocchi genovesi: "Un'allegoria della vita, con il Diavolo, la Luna e le Stelle...". E giovedì prossimo andrà a Sanremo per ritirare la targa Tenco: "Il mio Nobelìn..." dice allegro, fiero come un patriarca dei due figli e della moglie Dori, sempre più radiosa. Un patriarca simpatico, affabile. Ma non era burbero? Che sia stata un'allucinazione? Per tutti questi anni? |